::cck::2451::/cck::
::introtext::
Le iniziative diplomatiche tenutesi a Sochi, Ginevra ed Astana per portare la pace in Siria entrano in conflitto con la nuova ondata di violenze dell’offensiva turca “Ramoscello d’Ulivo”. Nel frattempo Erdogan in visita a Roma incontra il Papa e i vertici delle Istituzioni.
::/introtext::
::fulltext::
Si è concluso con un sostanziale nulla di fatto il vertice di Sochi, indetto dal Cremlino con l’obiettivo di dare vita ad una nuova costituzione che possa porre le basi per una Siria pacificata. Troppe le distanze tra le parti e soprattutto troppe le assenze tra gli oppositori del regime di Assad.
Il tavolo negoziale di Sochi non è stato l’unico tentativo per far tacere le armi in Siria dopo sette anni di guerra civile. Da settimane infatti ad Astana in Kazakistan, rappresentanti delle varie fazioni, che hanno dato vita ai combattimenti, stanno cercando di trovare un compromesso militare sulle forze in campo, condizione indispensabile per pacificare effettivamente la regione.
Anche a Ginevra sono in corso colloqui supportati dalle Nazioni Unite per porre un freno alle violenze e trovare un percorso condiviso che possa soddisfare tutti gli attori della partita siriana.
Iniziative diplomatiche che però fanno i conti con la nuova ondata di violenze scatenata dall’offensiva turca, denominata “Ramoscello d’Ulivo“, contro le milizie curde che controllano la parte nord occidentale del paese. Un’operazione estremamente brutale, nonostante l’appellativo coniato dai vertici di Ankara, che nelle ultime ore ha portato alla distruzione di decine di villaggi nell’enclave di Afrin e all’uccisione di centinaia di civili.
Anche tra le fila dei militari turchi la lista dei caduti continua ad aumentare, falciati dall’irriducibile resistenza che le Unità di Protezione Popolare curde stanno opponendo all’avanzata dell’esercito della Mezzaluna.
Le formazioni combattenti curde, armate da Washington, dopo gli smacchi subiti all’inizio dell’operazione, sembrano in grado di tenere testa ai militari di Ankara. Le YPG sono state galvanizzate anche da un video che mostra alcuni soldati turchi fare scempio del corpo di una combattente curda, il cui nome di battaglia è Barin Kobani, alla quale sono stati asportati i seni e squarciato l’intestino. L’ennesimo efferato episodio di una guerra destinata a protrarsi nel tempo, visto l’acerrimo odio che contraddistingue i due popoli in lotta.
Dopo mesi di sbandamento infatti il Presidente Erdogan ha deciso di giocare il tutto per tutto contro le velleità secessioniste del popolo curdo, da sempre privo di uno Stato proprio e costretto a vivere a cavallo di diversi paesi. Un atteggiamento che è stato al centro dei colloqui avvenuti lunedì scorso a Roma in occasione della visita di Erdogan nel nostro paese, dove il leader di Ankara ha incontrato i vertici delle Istituzioni Italiane ed il Papa.
Oltre all’offensiva militare, il Pontefice ha anche affrontato il tema del mancato rispetto dei diritti umani nel gigante anatolico. La stretta nei confronti di oppositori politici e voci dissenzienti ultimamente ha visto l’ennesimo sfregio con la decisione di confermare l’arresto del direttore di Amnesty International in Turchia Taner Kilic, che si somma alle decine di rappresentanti della società civile reclusi per aver manifestato posizioni contrastanti rispetto alla linea del Presidente Erdogan.
Tornando sul fronte siriano, anche la Russia, che negli ultimi tempi sembrava defilarsi dalle operazioni militari, ha subito la perdita di un pilota di un caccia Sukhoy 25, colpito da un razzo terra-aria lanciato dai miliziani filo Al Qaeda nella regione di Idlib e poi ucciso a terra dove si era paracadutato prima che il suo velivolo esplodesse. Un episodio destinato a rendere ancor più incandescente il clima nella regione, a dispetto d’iniziative diplomatiche e sforzi di buona volontà.
::/fulltext::
::autore_::di Diego Grazioli::/autore_:: ::cck::2451::/cck::