Aumenta la preoccupazione per il destino del Paese, non solo per la non campagna elettorale e su cosa succederà dopo il 4 marzo, ma anche per gli ultimi avvenimenti accaduti a Macerata.
Ci mancava ed è puntualmente arrivata anche in questa non campagna elettorale la degenerazione dei toni. Con il passare dei giorni e mentre la data si avvicina – manca meno di un mese al voto – accanto alle confuse proposte di soluzioni mirabolanti per i problemi del paese cominciano ad affacciarsi gli attacchi più pesanti, le accuse più infamanti, i tentativi di demonizzazione dell’avversario. In un paese in cui tutti siamo tecnici della nazionale di calcio, ministri dell’economia, imprenditori e scienziati, non potevano mancare le contumelie personali, le derisioni a buon mercato, le ironie fuori luogo e fuori quadro! Uno spettacolo penoso che si dipana ogni giorno e che ogni giorno appare più lontano dalla dura realtà della vita quotidiana.
I tragici avvenimenti di Macerata, piccola città di una provincia tranquilla improvvisamente catapultata sul proscenio nazionale per due gravissimi episodi: uno tragico per la morte orribile di una giovane, l’altro imbarazzante per l’azione di una persona con evidenti problematiche sociali e personali, ci hanno improvvisamente riportato alla dura realtà. La probabile responsabilità nell’uccisione della giovane di uno o forse più emigrati africani legati allo spaccio di droga pone dinanzi a tutti noi la complessità dell’integrazione e in qualche caso anche la sua impossibile realizzazione quando molti dei migranti vengono reclutati dalle organizzazioni del crimine come manovalanza. L’atto di follia di un altro giovane, imbevuto di idee sbagliate, ci mostra allo stesso tempo la difficoltà di un altro campo di integrazione, questo legato alla nostra condizione di cittadini e alla difficoltà sociale di un’ adeguata presenza in grado di fermare sul nascere queste estremizzazioni come molte altre!
Una lezione appresa? Inutile negare l’evidenza. Assolutamente no. Da un lato abbiamo assistito all’epopea dell’impresentabile ossia alla reciproca accusa di presentare nelle liste persone non adeguate. Se da un lato si definisce impresentabile un soggetto discutibile amico di criminali, dall’altra si usano toni moralistici andando a scavare nelle storie personali e trovandovi la “pistola fumante” per l’accusa di impresentabilità. Il tutto in un crescendo rossiniano di “tu sei più impresentabile di me” quale proponente di candidature non opportune. Unico elemento positivo se a questo seguissero azioni conseguenti – politiche, di opportunità, prima che giudiziarie – una qualche pulizia reale delle liste. Ah! Già. Le liste sono state presentate e sono divenute ufficiali. Quindi resta solo la possibilità di irridere e accusare le persone in un rimpallo destinato a rendere ancor più difficile ai cittadini una scelta che già si presenta con un’altissima dose di improponibilità!
Accanto a questa evidente defaillance in cui sembrano tutti però sguazzare alla grande, ovviamente in nome della pulizia e di altre italiche virtù degne di miglior causa e alle quali forse occorreva pensare prima, assistiamo alla sottovalutazione di parole ed interventi che rischiano di provocare nuovi episodi degenerativi. Il giovane pistolero maceratese non può essere indicato come un italiano che non ne può più dei migranti e che si è lasciato andare ad una “sciocchezza” ma nobilitata dal fatto di voler vendicare la ragazza uccisa, essendo sempre stato un bravo ragazzo come sottolineato da alcuni. La sua è un’azione di lucida follia che solo per un caso non ha provocato vittime tra le quali potevano esserci anche italiani. L’uso di armi da fuoco e il far west cittadino sono comportamenti da condannare sempre senza reticenze. Come da condannare senza se e senza ma – quando la giustizia avrà accertato responsabilità e contorni della vicenda – quanto compiuto con ferocia da uno o due migranti contro una giovane indifesa. Il problema risiede in entrambi i casi in una pericolosa e sostanziale eclissi dello Stato nelle aree più critiche delle nostre città ma anche da un’abitudine sbagliata in quanto cittadini di minimizzare per troppo tempo situazioni che poi esplodono come è accaduto. Tutti, in quanto cittadini, siamo parte dello stato nel quale viviamo, lavoriamo, e se chiediamo ad esso protezione dobbiamo essere partecipi nelle forme in cui questo è possibile, di una vigilanza e una presenza sociale e sul territorio.
In questa non campagna elettorale, che sembra parlare ad un paese immaginario cui ognuno si rivolge e al quale si promettono soluzioni mai viste ai problemi di sempre, è difficile scorgere un senso compiuto tra i suoi protagonisti, primari e comparse. Una campagna elettorale mini, ridotta dall’assenza di finanziamenti alla politica, dove persino i classici tabelloni metallici un tempo pieni di manifesti, dove ognuno cercava di coprire quelli altrui, a tre settimane dalle elezioni appaiono desolatamente vuoti! E dove nessuno ha esattamente compreso quali siano i candidati e quel che è peggio per quali partiti. E quali siano le sigle alle quali ci troveremo dinanzi nel consueto lenzuolo che rappresenterà la scheda che ci verrà data nei seggi! Se non fosse in gioco l’essenza di un sistema democratico, l’esercizio del voto, verrebbe da sorridere all’atmosfera surreale nella quale ci appropinquiamo alle urne. Per chi ha a cuore il mantenimento della democrazia – quel sistema che pur con i suoi difetti è il meno peggio tra tutti i possibili come sosteneva qualcuno – la preoccupazione per quanto sta avvenendo non può che essere alta e l’attenzione ancora di più! Il destino del Paese e il suo ruolo in Europa e nel mondo dipenderà infatti in larga parte da quel che succederà dopo il 4 marzo, ad urne chiuse e scrutini compiuti!
di Roberto Mostarda