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Burkina Faso: a migliaia in fuga dalle case

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Uno degli anelli deboli della catena migratoria è costituito dal Burkina Faso, la cui povertà rappresenta un handicap da sanare per superare ostacoli che, altrimenti sarebbero insormontabili.

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Secondo quanto riferito da “The Associated Press” e ripreso da New York Times la scorsa settimana, una stazione di polizia è stata attaccata da circa 10 persone nella città orientale di Natiaboani, nel Burkina Faso, che hanno ucciso un ufficiale e ferito almeno altri due.

Sul luogo sono state trovate alcune cartucce di munizioni ma non risultano rivendicazione dell’attentato.

Il Burkina Faso, rischia di trovarsi, suo malgrado, nel mezzo delle turbolenze di una regione afflitta da un crescente rischio terroristico che finora aveva dovuto fare i conti soltanto con limitate incursioni verso la sua capitale, Ouagadougou.

Il tipo di attacco subito in quest’ultima occasione, d’altra parte, ha spinto ad iniziative di autotutela delle forze di polizia, alla ricerca di maggiore protezione, che ha protestato per le insufficienze di equipaggiamento concorrendo a seminare uno stato di insicurezza.

La povertà del Paese e l’insufficienza di risorse necessarie per fronteggiare una lotta crescente contro l’estremismo condotto da una varietà di attori, hanno spinto verso la sua aggregazione al “G5 Sahel” che costituisce una delle più importanti iniziative militari che ruotano intorno al Mali, insieme alla Mauritania, al Niger e al Ciad, guidate dalla Francia e sostenute dalle Nazioni Unite.

Ad oggi, la raccolta delle risorse finanziarie, necessarie almeno per l’avvio delle attività, la cui parte di logistica non è di poco conto, dovrebbe essere stata completata, considerando anche la spinta ricevuta dall’attivismo del presidente francese Emmanuel Macron, che dopo neanche due settimane dalla sua elezione aveva fatto rotta verso l’Africa a sostegno del “G5 Sahel”.

In un altro episodio significativo della scorsa settimana, circa 20 poliziotti hanno abbandonato la loro stazione a Deou, nel nord del Burkina Faso, vicino al confine col Mali, per protestare contro la mancanza di attrezzature, come caschi e giubbotti antiproiettile, per combattere gli estremisti. Sempre secondo quanto riferito dalle fonti sopra citate, il vice sindaco, Moussa Sawadogo, ha detto anche che alla polizia manca il carburante dei veicoli per pattugliare le are sottoposte alla sua sorveglianza. Il problema è condiviso da altri agenti della sicurezza che affermano di non sentirsi preparati ad affrontare gli jihadisti.

Un problema non di poco conto, considerando che in gennaio, 26 civili, tra cui donne e bambini, sono stati uccisi mentre si dirigevano verso un mercato settimanale quando il loro camion ha colpito esplosivi appena oltre il confine in Mali. A metà febbraio, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite per la protezione dell’infanzia, circa 98 scuole sono state chiuse nella regione del Sahel del Burkina Faso a causa dell’insicurezza, contribuendo all’ingrossamento della schiera degli sfollati, molti dei quali sono pastori ed agricoltori che hanno perso i loro mezzi di sussistenza aggravando i rischi di destabilizzazione della regione. Una tecnica, questa, abbondantemente utilizzata dal terrorismo, volta a rendere insopportabili le condizioni di vita locali e ad alimentare i flussi migratori.

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::autore_::di Giorgio Castore::/autore_:: ::cck::2489::/cck::

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