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Lasciata l’Italia, alle prese con l’ondata di gelo più intensa degli ultimi anni, facciamo scalo a Kuwait City in attesa del secondo volo che ci porterà in Sri Lanka
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Lasciata l’Italia, alle prese con l’ondata di gelo più intensa degli ultimi anni, facciamo scalo a Kuwait City in attesa del secondo volo che ci porterà in Sri Lanka, l’antica Ceylon, un’isola a forma di lacrima situata a pochi chilometri dall’estremità meridionale dell’India. Appena sbarcati un caldo vento ci annuncia che siamo finalmente arrivati ai tropici, tra palme che s’incurvano ed aromi di fiori e frutti esotici. Siamo a Colombo, la capitale del paese, uno sgangherato agglomerato urbano che pullula di vita con i suoi due milioni di abitanti, un decimo dell’intera popolazione dell’isola. Il nome della città venne dato dai portoghesi in onore del navigatore genovese scopritore delle Americhe ed il passato coloniale ancora permea profondamente l’anima antica di questa città.
Il nostro itinerario ci porta a sud, verso le immense spiagge della costa sud-occidentale dell’isola. La nostra meta è Bentota, un litorale sabbioso ancora incontaminato tra la laguna formata dal Bentota River e l’Oceano Indiano. Alle spalle la cittadina di Aluthgama, un borgo di pescatori in cui si sente il retaggio musulmano con le sue moschee ed una popolazione particolarmente fiera delle proprie tradizioni. Lo Sri Lanka è un crogiolo di culture e credi religiosi che, nonostante attriti ed una guerra civile durata più di vent’anni, hanno saputo convivere in una condizione di tolleranza ed armonia. La maggioranza della popolazione, oltre il 70%, è buddista mentre musulmani, induisti e cristiani rappresentano il restante 30% dei fedeli. Un mix di culture e stili di vita che fanno dello Sri Lanka una meta estremamente interessante, non solo per gli amanti del mare ma anche per gli appassionati di storia. Il litorale meridionale, il più gettonato dai turisti in questo periodo dell’anno, è una sequenza di spiagge e resort per tutte le possibilità economiche che però non hanno quell’impatto devastante come in altri luoghi del sud-est asiatico, in virtù di una legge nazionale che impedisce la privatizzazione del litorale e degli accessi al mare, come invece è avvenuto da noi, nella civilizzata Italia. La strada costiera verso sud ancora risente del terribile impatto dello Tsunami che devastò molti paesi di questa regione il 26 dicembre 2004. Le vittime furono migliaia, anche perché l’onda di diversi metri d’altezza si abbatté intorno alle 10 di una domenica mattina, quando erano intensi gli spostamenti dovuti alla festività.
Dopo un tragitto fatto di continui slalom tra tuc tuc, il tipico mezzo locale a tre ruote, e passanti incuranti delle macchine in transito, arriviamo nella città di Galle, l’ex capitale coloniale olandese, una perla intatta fatta di stradine colorate e sormontata da un forte che domina le rotte di passaggio dell’Oceano Indiano. Una struttura talmente imponente da aver resistito alla furia dello Tsunami, salvando centinaia di abitanti che hanno avuto la prontezza di trovarvi rifugio. Ma è il dedalo di vicoli della città vecchia ad averci folgorato con la sua bellezza. Nonostante la forte impronta turistica infatti tutto sembra riportarci ai tempi in cui gli olandesi avevano fatto di questo luogo il loro principale avamposto strategico in estremo oriente. Palazzi color pastello con corti in cui una fonte d’acqua rinfresca i patii assolati. Chiese di tutte le fedi perfettamente restaurate e poi centinaia di boutique che offrono i migliori prodotti della manifattura locale. Purtroppo la nostra visita è più breve di quello che avremmo voluto. Ci aspetta ora il lungo tragitto verso il cuore dell’isola, la città sacra di Kandy, l’ultimo avamposto a cadere nelle mani dei colonialisti inglesi nel 1812. Ma questa è un’altra storia.
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::autore_::di Diego Grazioli::/autore_:: ::cck::2519::/cck::