Giorno dopo giorno assistiamo ad una commedia degli equivoci, recitata tra i principali attori della crisi politica, incapaci di fornire adeguate risposte istituzionali al disegno della Costituzione.
Settimana dopo settimana, giorno dopo giorno, assistiamo ad una commedia degli equivoci, ad un gioco a distanza tra i principali attori della crisi politica a ciò chiamati dai cittadini e alle incursioni di quanti sono costretti a stare alla finestra. Un gioco estenuante e anche al massacro per quel che riguarda la possibilità di trovare una soluzione all’altezza delle aspettative dei cittadini che hanno con una certa chiarezza indicato almeno due cose (pur non sciogliendo l’intreccio): la sconfitta delle forze politiche sino ad ora parte di ogni soluzione, attori ineliminabili sino a ieri; e l’indicazione prevalente di quelle proposte innovative, di rottura – in apparenza? – dei vecchi equilibri e delle logiche passate.
A queste ultime, a parole sempre all’avanguardia, l’onere e l’onore di provare a dare un governo al paese che spezzi vecchie logiche, spazzi via vecchie pratiche e via dicendo, in direzione di quel nuovo che dovrebbe garantire agli italiani di vivere in un sistema onesto, efficiente, vivo e produttivo!
Non occorre essere un oracolo per comprendere che quel che accade è molto distante dalle premesse e che l’indicazione degli elettori non è stata ben compresa o, forse, è stata compresa talmente bene da portare alla attuale paralisi, non essendo in grado di trasformare in atti le indicazioni elettorali del 4 marzo.
Diversi gli elementi che concorrono a questa impasse e che impongono ancora una volta un protagonismo al presidente della Repubblica non fuori dalle regole costituzionali ma certamente lontano dal suo carattere e dalla necessità di far ritrovare un equilibrio alla nazione da troppi decenni ormai divisa tra posizioni inconciliabili.
Non sappiamo quali potranno essere le prossime mosse del Quirinale che tuttavia non manca occasione per richiamare alla responsabilità verso il paese ed è difficile immaginare in che modo dalle forze politiche possano arrivare risposte in tal senso stante la commedia degli equivoci o i conciliaboli da “allegre comari di Windsor” che caratterizzano le giornate politiche. Il tutto immersi un’atmosfera rarefatta nella quale nessun leader parla con l’altro e tutti parlano per conto loro. Una temperie di egocentrismo ai limiti dell’egotismo senza avvedersi che i cittadini sono lì a guardare e che forse cominciano a porsi qualche domanda!
L’atto di maggiore “onestà”, ma anche la manifestazione plastica dell’incapacità prevalente, il pensare che le prossime scadenze elettorali amministrative possano dare qualche indicazione chiarificatrice. Ora il problema è che il Parlamento è stato eletto circa un mese e mezzo fa, che nessuno ha realmente provato a costruire le basi per un governo e che non si comprende bene quale impatto, oltre a qualche spostamento locale di voti, possa avere questo appuntamento sulla soluzione della crisi. Uno stare alla finestra quanto meno imbarazzante, una dissacrante mostra di impotenza sostanziale e un comodo alibi.
Dopo queste elezioni cambierà qualche accento, ma la sostanza rimarrà quella che conosciamo: da una parte l’eletto per grazia grillina ormai preda di un egotismo autoreferenziale che parla sempre come fosse a capo del governo e che propone, dispone le pedine a suo piacimento spinto da una prevalenza dell’io – criticata dal leader della Lega – che rischia di farlo assomigliare alla pittoresca macchietta del politico portata in scena da un comico (non il suo guru) e che risponde al nome di “cetto laqualunque”. Con in più l’aggravante della logica dei due forni o della succedanea logica del governo con chi ci sta! In pratica quanto di più lontano dalla novità grillina propagandata e di vicino al trasformismo della vecchia, vituperata politica da prima repubblica! Ogni commento appare superfluo!
Dall’altro lato, la figura del leader leghista, politico riluttante ma deciso a far valere la sua visione pur sapendo che questa passa attraverso il mantenimento dell’unità del centrodestra, unica arma reale a suo vantaggio nella logica dei numeri e del peso parlamentare senza il quale governare non è possibile. A fianco, di lato, sotto e sopra di lui o in altre geometrie, l’ex cavaliere ormai tornato ai raid al microfono a fine dichiarazione del suo alleato, per rimarcare soprattutto il peso che questa situazione costituisce per lui e per tirare all’indietro su molti aspetti di quella che dovrebbe apparire la ricetta prevalente alle urne. Difficile pensare a un mutamento di questa logica, a meno di ulteriore rafforzamento leghista, ancorché geograficamente limitato ma tendenziale.
Sempre non riuscendo ad immaginare le possibili giravolte delle formazioni minori alla ricerca di una ribalta, resta l’incognita delle incognite: il Pd! Alla ricerca di quel che deve essere per recuperare il consenso perduto, diviso e corroso all’interno, il partito rischia di farsi attirare dai cinquestelle in comportamenti innaturali soprattutto perché immaginare di sinistra i seguaci di Grillo è arduo e per il reggente e i tanti capi e capetti riottosi vi è il forte rischio di scambiare “lucciole per lanterne”! E soprattutto far finire l’unico partito rimasto in uno dei forni lasciati aperti dagli altri contendenti, con buona pace della decenza, dell’accettazione del verdetto elettorale, dell’elaborazione dei perché della sconfitta e del rispetto per la volontà popolare che soli possono invertire la tendenza negativa!
di Roberto Mostarda