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L’accordo di sei paesi europei per condividere l’accoglienza di 205 immigrati che andavano alla deriva nel Mediterraneo è, con tutti i suoi limiti, un’iniziativa positiva
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L’accordo di sei paesi europei per condividere l’accoglienza di 205 immigrati che andavano alla deriva nel Mediterraneo è, con tutti i suoi limiti, un’iniziativa positiva. Risponde a una emergenza umanitaria, rispetta le regole del diritto marittimo e applica il principio del coordinamento e della solidarietà europei che è mancato nelle precedenti crisi migratorie.
È, inoltre, il primo risultato pratico di quell’asse antixenofobia tessuto tra Germania, Francia, Spagna e Portogallo, a cui si sono aggiunte in questo caso Malta e Lussemburgo. Va ricordato che all’origine della deriva populista italiana – compresa la chiusura dei porti – sono le ripetute denunce di Roma sulla mancanza di solidarietà europea per quanto riguarda l’alto numero di immigrati arrivato sulle sue coste negli ultimi anni; in tempi in cui ben 9.000 immigrati sono sbarcati durante un solo fine settimana.
La situazione è molto diversa oggi. Il numero di persone che cercano di arrivare in Europa attraversando il Mediterraneo è tre volte inferiore rispetto al 2015. Eppure, ogni incidente e ogni sbarco relativo all’immigrazione infiamma il dibattito, frattura l’Unione europea e genera un’isteria collettiva che non corrisponde alla realtà del fenomeno. L’UE ha ampia capacità di esaminare la situazione di ciascun migrante, di dare rifugio a coloro che, tra questi, hanno il diritto di asilo e restituire il resto ai loro paesi di origine. Il coordinamento e l’appoggio di Bruxelles, come è avvenuto nel caso dell’Aquarius, è fondamentale per applicare le regole stabilite ed evitare false controversie che portano solo alla mancanza di solidarietà e alla xenofobia.
Il governo di Pedro Sanchez ha pagato in questa crisi il prezzo delle proprie precipitazioni. Ospitare i 630 immigrati soccorsi dallo stesso Aquarius lo scorso giugno è stata una lodevole risposta umanitaria che non ha avuto il coordinamento che un salvataggio di questo tipo richiede in un continente senza frontiere. Il suo rifiuto iniziale di agire allo stesso modo con i 141 immigrati che ora navigano nella stessa barca – cui si sono aggiunti 64 dalle altre navi per la distribuzione concordata – potrebbe essere tacciato, con buone ragioni, e in assenza di spiegazioni, di incoerenza. Benvenuti siano la rettifica e il metodo scelto, ma la gestione del fenomeno migratorio è abbastanza complessa da consentire a Madrid di continuare a lavorare con altre capitali nell’attuazione di politiche congiunte a lungo termine. Non è facile. La mancanza di collaborazione dell’Italia è un ostacolo importante, ma questa seconda crisi dell’Aquarius dimostra che non è impossibile.
La coerenza deve anche essere richiesta al governo sui ritorni a caldo che in precedenza ha criticato e ora sembra accettare e sul presunto problema dei minori non accompagnati. In Spagna ce ne sono 7000, una cifra che non dovrebbe allarmare, a meno che non ci fosse un’equa distribuzione tra comunità autonome. Alcuni, come l’Andalusia, lo chiedono, giustamente. È un compito urgente che, come effetto collaterale, possa anche disattivare i conati xenofobici che cercano di provocare gruppi ultras.
Editoriale di El Pais, traduzione a cura di italiani.net
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