Scienza

La fine del tempo e la morte dell’universo

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Secondo lo studio di un gruppo di astronomi  le galassie non solo si allontanano da noi, ma la loro velocità di espansione aumenta con il tempo, cioè il loro moto di allontanamento dal sistema solare è dotato di accelerazione.

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Il 17 Gennaio 1929, l’astronomo americano Edwin Hubble pubblicò un articolo nel quale evidenziava una relazione sorprendente tra la distanza della galassie e la loro velocità di allontanamento dalla terra.

Sessantanove anni dopo due gruppi indipendenti di astronomi pubblicarono un altro articolo nel quale si provava che le galassie non solo si allontanano da noi, ma la loro velocità di espansione aumenta con il tempo, cioè il loro moto di allontanamento dal sistema solare è dotato di accelerazione. Come si concilia questo con la teoria del Big Bang?

Se l’universo è nato da una esplosione circa quattordici miliardi di anni fa, la sua velocità di espansione dovrebbe diminuire a causa della forza di gravità o al massimo restare costante. La sua dilatazione accelerata è quindi un enigma difficile da risolvere.

Qualche anno fa tuttavia, un team di fisici spagnoli ha proposto una soluzione del problema che lascia quantomeno sconcertati. Secondo questa ipotesi, scientificamente del tutto consistente e pubblicata sulla prestigiosa ‘Physical review D’, l’espansione dell’universo non sarebbe che una sorta di illusione dovuta al disomogeneo rallentamento del tempo.

In parole povere questo parametro che ci consente di distinguere il passato dal futuro sta diminuendo la sua corsa in modo da far sì che la luce proveniente da galassie molto lontane ci mette molto di più ad arrivare fino a noi creando questo paradossale effetto.

Ma se le cose stanno veramente così è plausibile immaginare che in futuro il tempo potrebbe fermarsi del tutto congelando l’universo o ciò che rimane di esso in una sorta di bolla eterna in cui più nulla si muove. La luce si fermerebbe, gli atomi si troverebbero improvvisamente immobilizzati e non avrebbe più senso parlare di oggi, domani, prima o poi.

Gary Gibbons, un cosmologo della Università di Cambridge, sostiene che poiché secondo le attuali teorie il tempo sarebbe nato insieme allo spazio nell’istante del Big Bang, è del tutto sensato immaginare che un giorno possa anche cessare di esistere.

Naturalmente questa diminuzione della velocità con cui scorre è talmente piccola da non essere percettibile, ma su scala cosmica, dove le distanze non si misurano in chilometri, ma in anni luce, cioè lo spazio percorso dalla luce in un anno, l’effetto sarebbe molto più evidente e percettibile.

Se così fosse avremmo una definizione scientifica di eternità, in quanto, mancando la possibilità di distinguere il futuro dal passato, tutto sarebbe tremendamente ed eternamente ‘presente’ e conseguentemente l’eternità non verrebbe più definita come qualcosa che dura per sempre, ma come l’impossibilità di poter definire un ‘sempre’.

La teoria proposta, molto difficile da comprendere e da spiegare in quanto matematicamente molto complessa, ha l’indubbio vantaggio di dare una spiegazione al fenomeno dell’accelerazione senza introdurre fattori difficilmente accettabili o ricorrere alla presenza di una esotica energia oscura e materia oscura di cui tanto si parla ma che nessuno sa bene che cosa effettivamente sia. Ipotesi sul destino ultimo dell’universo ce ne sono almeno tre.

In una l’universo si espanderebbe in continuazione, la sua entropia, cioè il parametro che definisce il disordine aumenterebbe fino ad arrivare alla morte termica che giungerebbe più o meno ad una età di uno seguito da un numero di zeri pari a dieci elevato alla settantasei di anni. Misurata in secondi l’età del nostro universo è di circa quattro seguito da diciassette zeri. Quindi occorrerebbe un tempo pari a un numero praticamente incalcolabile di età dell’universo per arrivare alla fine.

Possiamo quindi stare tranquilli. In un’altra ipotesi, l’universo si troverebbe in uno stato cosiddetto metastabile e il tutto potrebbe collassare verso uno stato di energia nulla con conseguente sparizione istantanea di tutta la materia.

Nel terzo scenario, arrivati ad un certo punto di espansione, l’universo inizierebbe la successiva fase di contrazione fino a riesplodere nuovamente, dando vita ad un nuovo Big Bang in un ciclo senza fine di creazione morte e rinascita, tanto caro all’induismo.

Quale di queste teorie è la più plausibile o meglio: che cosa ha deciso la natura riguardo al destino ultimo del cosmo nel quale ci troviamo anche noi? Attualmente nessuno può dirlo con certezza, ma la teoria del progressivo rallentamento del tempo fino alla sua estinzione totale è per il momento forse la più convincente e paradossalmente la più semplice.

Di sicuro però, se i fisici spagnoli hanno colto nel segno, la sua scomparsa avverrà in un futuro talmente lontano che né i nostri nipoti e nemmeno i pronipoti dei nostri pronipoti avranno il privilegio di assistere allo strabiliante spettacolo di attraversare le porte dell’eternità senza nemmeno rendersene conto.

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::autore_::di Riccardo Liberati::/autore_:: ::cck::2784::/cck::

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