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Chi troppo vuole…i rischi del governo

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L’attuale compagine politica si trova nel limbo, pensare a questioni come quella relativa al reddito di cittadinanza, alla flat tax o all’ennesima riforma sulle pensioni non è per nulla realistico.

Più mi insulti, più mi ricarichi! Questa nota boutade pubblicitaria di qualche anno fa, sembra attualmente essere il pane quotidiano, l’elemento trainante del governo. Senza alcun riferimento volontario o ipotetico alla vecchia frase “molti nemici, molto onore”, è quel che ci regala ogni giorno la cronaca politica. Una deriva che sta ipotecando anche ogni possibile riavvio di una politica moderata o di sinistra a seconda di quale opposizione si voglia guardare. E questo perché facendo prevalere il solito, stantio, improduttivo, autolesionista riflesso condizionato che l’ha ridotta come è oggi la sinistra invece di costruire una reale alternativa è ferma alla condanna, all’ostracismo, all’andate a casa, quando non ai richiami al rischio per la democrazia o simili. Risultato peraltro perfettamente ottenuto dopo anni di governo guidato dal Pd e sfociato per le lotte interne ad esso nello sconquasso elettorale che ha portato cinquestelle e lega a Palazzo Chigi sull’onda di un consenso popolare che è molto più reazione e disgusto per certe forme di autoesaltazione che non convinta adesione ad un programma che peraltro nessun cittadino italiano dotato di media intelligenza può dire di conoscere. Prima si fermerà questa corsa contro il muro e meglio sarà per tutti. Non è inseguendo Di Maio e Salvini che si costruirà un’opposizione seria e credibile.

A questa discrasia si unisce il limbo nel quale si trova Forza Italia alle prese con il primo reale e concreto cambio generazionale della classe dirigente non per volontà dell’ex cavaliere ma piuttosto per la necessità di trovare una linea per la sopravvivenza di un’area moderata nel nostro paese capace di controbilanciare une Lega in crescita esponenziale e un movimento grillino ormai maionese impazzita nell’incontro con il governo del paese.

Elezioni europee permettendo sarebbe opportuno che tutti i contendenti si ponessero l’obiettivo di parlare seriamente al paese, alla vigilia di una legge finanziaria che non deve essere il consueto libro dei sogni o peggio degli incubi, ma un reale scarto negli indirizzi che devono far tornare il paese nel novero delle nazioni più sviluppate e con lo stesso tasso di crescita economica, industriale e finanziaria.

Mission impossible? Allo stato attuale sembra proprio così. Si attendono colpi di teatro o guizzi di ingegno, allora. Da qualche parte!

La dinamica del porre tutto sul tavolo delle azioni da fare e la narrazione che si farà tutto e subito, non porta molto lontano e rischia di creare un inestricabile avviluppo di problemi di risulta. Coniugare infatti una misura da stato etico come il reddito di cittadinanza per il quale a tutt’oggi non si vedono coperture e, contemporaneamente, pensare ad una misura di stampo liberista come la flat tax, per la quale esistono sempre problemi di copertura e condire il tutto con un’innaffiata di sano populismo come quella della ennesima riforma delle pensioni con l’attacco a quelle cosiddette d’oro (una percentuale infinitesima il cui ricavo non potrebbe coprire né l’una né l’altra delle due priorità suddette), non appare realistico e si potrebbe dire non appare proprio nel novero delle cose possibili. Creare il paravento dell’Europa che ci contrasta, ci impoverisce, ci impedisce di crescere, non aiuta a capire quali sono i veri nodi sul tavolo e che si chiamano sempre con gli stessi nomi, corruzione, burocrazia asfissiante, clientele locali, settoriali, geografiche ma anche a pelle di leopardo e che appaiono nei posti meno probabili. O ancora localismi esasperati e miopi seguendo i quali in ossequio all’ascolto della gente, il paese si allontana dalla realtà e si confina nell’inettitudine e nel regresso culturale oltreché economico. Con buona pace della famosa ed irreale decrescita felice immaginata dal guru e vagheggiata dai duri e puri.

Ecco allora che come sempre la quotidianità ci riporta al vecchio detto che è l’altra faccia del tutto e subito: chi troppo vuole, nulla stringe. Un vecchio adagio, frutto di secoli di saggezza popolare che malgrado la rete conserva intatta la sua carica di valore e di indicazione. Ad assumere le vesti del saggio in questo momento nel quale il premier araba fenice appare e scompare come un fiume carsico, resta il ministro dell’economia Tria, l’unico che sembra avere chiari i riferimenti e le compatibilità, tanto da riuscire a calmierare i dubbi dei partners europei e delle istituzioni di Bruxelles, dimostrando la possibilità di procedere nel governo della cosa pubblica con attenzione e passi prudenti, tenendo conto della legge fisica secondo al quale ad ogni azione corrisponde una reazione eguale e contraria. Vale a dire che quel che si fa si riceve!

Riuscirà allora, nel duplice intento di tenere a freno la febbre dei vice premier e mantenere bassa la temperatura del dissidio in Europa, facendo navigare il paese verso acque più tranquille? Non è facile dare una risposta. Il prossimo voto europeo per i populisti potrebbe cambiare qualcosa in termini di forza parlamentare, ma è abbastanza evidente a chi vuol vedere e intendere che il ruolo dell’Unione e dei suoi paesi membri non potrà allontanarsi da regole e sistemi internazionali che saranno lì anche dopo l’ubriacatura elettorale, che non faranno sconti a nessuno e che potrebbero per tutti costituire un brusco risveglio. Questo a meno di scelte talmente irrazionali e fuori quadro che, obiettivamente, è meglio non immaginare né oggi né domani!

di Roberto Mostarda

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