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La parola scelta questa settimana è acronimo, che non possiede un significato negativo, ma nell’uso comune rappresenta il vocabolo che risulta dalla pronuncia di una sigla.
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Partiamo subito con il rassicurare chi legge, la parola scelta questa settimana non ha un significato negativo, ma rappresenta invece la radice antichissima di un fenomeno che il presente, la nostra quotidianità, ci pone dinanzi ad ogni passo. Tutto viene elaborato, rappresentato, comunicato come se in essa vi sia il senso stesso delle cose. Si dirà che la velocità di insieme della vita moderna, dei sistemi di comunicazione e informazione, la necessità di capirsi anche in lingue diverse sia alla base di questo costume ormai assodato. Tuttavia qualche considerazione possiamo farla.
Intanto, cominciamo dall’oggetto di essa, acrònimo, dunque, vocabolo di derivazione greca che si compone di due parti, “akron” ovvero “estremità” e “onoma” , cioè “nome”. Con esso si indica un nome formato unendo le lettere o sillabe iniziali e/o finali di più parole e leggibile come se fossero un’unica parola (esempio più semplice l’ ONU, che sta per Organizzazione delle Nazioni Unite). Nell’uso comune, l’acronimo è quindi spesso anche detto sigla, anche se ad esempio la sigla “CGIL” non può essere considerata acronimo, poiché la sua pronuncia richiede la compitazione lettera per lettera (“ci-gi-i-elle”) e non può essere letta come unica parola caso invece che connota l’acronimo, appunto. Comunemente rispetto alla sigla il significato è più ristretto (la sigla può non costituire un vero e proprio nome, e talora non ha neanche la possibilità di essere letta come parola). Per estensione si chiamano acronimi anche i nomi formati con le sillabe estreme di due parole, come per esempio, motel, da mo (to-) e (ho) tel.
Le sigle – dal lat. tardo sigla, probabilmente derivato da singŭla (littera) – sono invece abbreviazioni composte dalle lettere iniziali di una o più parole. La sigla è, quindi, una nuova parola formata da una o più iniziali di altre parole che, insieme, formano una denominazione o una frase (sono sigle SLI per Società di Linguistica Italiana, modem per modulatore demodulatore, ma anche l’esortazione formale RSVP per répondez, s’il vous plaît).
In sostanza, l’acronimo è il vocabolo che risulta dalla pronuncia di una sigla. Una particolare sigla è, invece, l’acrostico, parola composta dalle iniziali delle singole parole che la compongono (ALFA, Anonima Lombarda Fabbrica Automobili).
Il ricorso alle sigle – osserva il dizionario – risponde all’esigenza di usare termini più brevi, ma ugualmente identificativi, in luogo di sequenze di parole, ed è una necessità sentita fin dall’antichità. Ci sono, infatti, sigle nelle scritture esposte del mondo classico greco-latino, cioè nelle iscrizioni di templi, necropoli ed edifici importanti, sequenze di lettere, talvolta, ma non sempre, seguite da segni di interpunzione. Si pensi a casi noti come S.P.Q.R. (interpunto anche S·P·Q·R·) per Senatus PopulusQue Romanus «il senato e il popolo romano» o come INRI (Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum «Gesù Nazareno re dei Giudei»). Le sigle usate per sfruttare al meglio lo spazio nella scrittura epigrafica e per rendere più veloce la scrittura manoscritta erano numerosissime.
Le sigle, però, sono anche uno dei tratti salienti della lingua moderna e contemporanea nei vari settori della comunicazione e dei servizi. La creazione di sigle è, infatti, in crescita per tutto il Novecento e oggi non tende a diminuire, forte dell’utilità pratica di identificare un referente o di esprimere un concetto in modo veloce ed economico, riducendo il numero di parole e contraendone il significato in segni o brevi sillabe. Pensiamo alle forme attuali di comunicazione tramite sms (short message service), e-mail, chat e blog.
Tutto quanto precede, non vuole certo essere una banale lezioncina, quanto invece una premessa ad una considerazione contestuale. In queste settimane, ma tutto questo risale indietro nel tempo, abbiamo assistito ad una sorta di comunicazione per input. Siamo stati subissati da parole come spread, come tax, come flat, e insieme a queste abbiamo dovuto misurarci continuamente con acronimi come Tap, Tav e simili. Parole, acronimi che racchiudono spesso una vasta congerie di significati politici, economici e divengono il centro di confronti e scontri che sovente vivono di vita propria e eclissano il senso stesso delle cose alle quali si riferiscono. Si pensi alla Tap, la pipeline che dall’Azerbaijan dovrebbe portare in Italia attraverso Turchia e Grecia, il gas naturale consentendoci una maggiore diversificazione delle fonti energetiche. Ebbene, quando si manifesta contro il o la Tap, nessuno parte più da queste considerazioni ma prevale il giudizio negativo su qualsiasi evento possa anche in astratto modificare uno status quo.
Il valore di fondo della scelta si sublima in una estenuante e insensata lotta contro, senza più riferimento all’oggetto stesso. Il caso forse più istruttivo è quello della Tav, l’alta velocità Torino-Lione parte del corridoio intermodale trans-europeo. Ebbene, alle comprensibili preoccupazioni delle popolazioni della Val di Susa che vogliono certezze e rassicurazioni, si sono sovrapposte sino ad annullarle e a soverchiarle, istanze di un variopinto mondo estremista soprattutto di estrema sinistra il cui scopo è soltanto quello di contrastare e bloccare qualsiasi cosa abbia riferimento a imprenditoria, sviluppo, crescita, in nome di assurde teorie egualitarie che se riescono a scaldare qualche cuore, nuocciono all’intera comunità non solo locale ma nazionale! L’avere da parte dei cinquestelle, sposato la teoria del no a qualsiasi cosa sappia di impianti, stabilimenti, come nei casi di specie, promettendo il blocco di tutto comincia a scontrarsi con la realtà ben più complessa e sfaccettata delle litanie semplicistiche del guru milionario, in un paese che non ha bisogno della decrescita felice (suicida) ma del riavvio di una crescita equilibrata e che coinvolga l’intero paese sconfiggendo la povertà senza elemosine o pannicelli caldi, ma creando realmente premesse per l’occupazione!
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::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::2878::/cck::