Il dibattito politico apertosi sul tema rifiuti ed inceneritori tra Lega e Cinquestelle nei giorni scorsi, ha introdotto un nuovo termine di riferimento e segno dello stato dei rapporti tra gli alleati: la “ceppa”!
Una prima chiosa, opportuna. Il dibattito politico apertosi sul tema rifiuti ed inceneritori tra Lega e Cinquestelle nei giorni scorsi, ha introdotto un nuovo termine di riferimento e segno dello stato dei rapporti tra gli alleati: la “ceppa”! Termine gergale dai diversi significati legati soprattutto alla falegnameria ma che nel confronto politico assume invece un valore più corrivo! Così come pronunciato da Di Maio nei confronti di Salvini espressosi a favore di impianti di smaltimento nel Mezzogiorno. La reazione del leader pentastellato, immemore anche della sostanziale diseducazione alla base della politica del vaffa e proprio su questi temi, è stata immediata e sostanziata appunto dal sopraddetto riferimento.
Di Maio ha poi cercato di dare consistenza al suo argomentare, ma riuscendoci soltanto in parte, anche perché nelle terre del Meridione, invase da ogni genere di rifiuti tossici, è apparso chiaro il richiamo dell’Anac, il cui presidente Cantone ha sottolineato la lapalissiana evidenza che la sostanziale presenza dei rifiuti, anche interrati, e i cosiddetti fuochi per smaltirli illegalmente è alimento primario di ogni genere di traffici illegali della criminalità organizzata. Immaginare dunque un bengodi fatto di riuso, riciclo, civile smaltimento, mentre i fumi inquinano aria e acqua, non è apparso molto lungimirante. Ma certamente in linea con le posizioni da sempre grilline in materia: in un paese avviato alla decrescita felice, impianti e strutture industriali non servono, ma parchi giochi e prati senza rifiuti! Se non fosse una posizione irrealistica, sarebbe tragica.
La disfida gialloverde rimane aperta. Allo scontro è seguito il volemose bene e supereremo i dissidi in nome del contratto di governo che, come il premier, appare sempre più araba fenice e assume connotati e contenuti che nessun italiano è ancora riuscito a comprendere con chiarezza. Su ogni argomento infatti assistiamo alla stessa scena teatrale: è nel contratto, no non c’è mai stato. E così si prosegue con due visioni di governo, che nel premier trovano una sintesi soltanto apparente e soprattutto transeunte sino alla prossima occasione.
La seconda chiosa, riguarda (e sarebbe bene capire che riguarda tutti gli italiani) il duello rusticano che il duo di Palazzo Chigi ha ingaggiato con le istituzioni europee. Il continuo richiamo al “non cambieremo, non ci sposteremo di un millimetro” se trova contenti i due, sta generando un’onda pericolosa a livello continentale nei confronti dell’Italia dai contorni e dagli esiti non facilmente immaginabili. Non è infatti possibile non comprendere che gli attributi mostrati a più non posso (ancorché mitigati da qualche voce più prudente) hanno avuto il risultato di compattare tutto l’eurogruppo con in prima fila Austria e gruppo di Visegrad – ossia l’aulico retroterra sovranista cui ci si richiama – che stanno dando sostanza alla procedura di infrazione che potrebbe colpire il paese. Ecco allora, pur con tutte le migliori intenzioni e la difesa della dignità nazionale, che un atteggiamento siffatto ci vede come quelle persone che imboccando l’autostrada contromano si chiedono perché tutti vadano nella direzione opposta e ritenendo giusta la propria.
Un abbaglio, insomma, che non giova al nostro futuro e che glissa volutamente il motivo per il quale l’Europa ci guarda con severità: il deficit eccessivo e le scelte fatte che lo faranno impennare contro ogni logica economica. Anche qui dunque come si può sostenere che siano tutti gli altri in errore e che noi possiamo benissimo convivere con un gap così elevato i cui costi ricadono su tutti gli italiani e sulla stessa Unione Europea nella quale non siamo un peso piuma? Domande che a Palazzo Chigi evidentemente non si pongono o fanno finta di non porsi, se il ministro dell’economia pur non criticando la manovra cerca di ammorbidirne l’impatto onde rientrare nei parametri previsti dai patti comuni!
E’ sempre più chiaro che le direttrici dei due alleati di governo tendono a divergere nel tempo e che non estraneo a tutto questo sia il voto di primavera per il Parlamento europeo. Dal suo risultato si capirà se il vecchio continente e l’eurogruppo divengono a trazione sovranista o se le regole di bilancio continueranno ad avere il loro valore come quelle basi economiche comuni sulle quali il mercato comune si è sviluppato, certo comprimendo molto l’iniziale spinta sociale.
La possibile o ipotizzabile disfida finale, quella che farebbe implodere l’esecutivo e portare a nuove elezioni è solo rimandata e i collante governativo la allontana per il momento, ma le contraddizioni sulle quali si regge l’alleanza, le diverse visioni su quasi tutto e il peso economico di questa diarchia, non tarderanno a chiedere il conto. Intanto è lo spread, ossia l’umore dei mercati, a dirci che stiamo andando verso un burrone e soprattutto da soli!
Come sempre, in conclusione un pensiero che non può che andare alle opposizioni! Si perché esistono ancora nel nostro paese? Così si dice. Poi si vede che Forza Italia fa supplenza ai grillini dissidenti e fa passare il decreto sicurezza ma critica Salvini per l’Alleanza (e intanto qualcuno “avverte” l’ex cavaliere sul fronte giudiziario; e che in casa Pd si giova l’eterna partita della leadership tra la vecchia guardia di sinistra a cui Renzi ha tolto la primazia e la componente non ex comunista che in questi anni ha preso le redini del partito, provocando dissidi e scissioni. Il ventilato rientro di Bersani e soci in caso di prevalenza di chi tra i contenenti alla segreteria richiama i valori della sinistra che fu comunista sostanziano la sensazione appena descritta. Un passo per riprendere contatto con il paese vero?
Sia consentito più di qualche dubbio vista l’assoluta inconsistenza di questo gruppo anche per le sorti elettorali di Liberi e eguali.E non aiuta neppure l’atteggiamento divisivo assunto dalla componente renziana e dal suo leader lasciando intendere la volontà di dar vita ad un nuovo soggetto politico, perpetuando lo scissionismo congenito in ogni sinistra mondiale! Dunque nessuna risposta concreta e calma piatta sul fronte opposizioni che unito alle diverse linee nel governo e al persistente disegno di centrodestra intanto vivo nelle regioni, non fa intravedere un po’ di chiarezza, di calma e di stabilità per il paese alle prese sempre con una crisi non solo economica, ma sociale ed epocale!
di Roberto Mostarda