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La rivolta gialla delle zone rurali e delle periferie contro gli abitanti privilegiati delle grandi città
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Le proteste dei gilet gialli scoppiate l’ultimo fine settimana in Francia ricordano vagamente le grandi rivoluzioni del passato. Il movimento contro l’aumento del costo del carburante è nato nelle zone rurali del paese. Si tratta di una nuova evidenza della crescente spaccatura sociale tra le élite cittadine, che possono contare su efficienti mezzi di trasporto pubblici oppure permettersi costose automobili ecologiche, e la popolazione dei piccoli centri e delle periferie, costretta a confrontarsi con il crescente costo del mezzo privato. Mentre le élite dei salotti buoni della capitale discutono di cambiamento climatico e di riduzione del CO2, una grande parte della popolazione meno privilegiata combatte quotidianamente con i problemi economici degli spostamenti.
Non è la prima volta che gli automobilisti si riuniscono in un grande movimento per contrastare le politiche del governo. Già nel 1985 nacque in Svizzera il partito degli automobilisti, la Auto-Partei, in contrasto con il partito dei Verdi che si batteva per una riduzione del traffico privato per migliorare la qualità della vita e della salute. La Auto-Partei era un piccolo partito della destra populista, presente soprattutto nella Svizzera tedesca, ed ebbe un certo successo riuscendo nel 1991 ad avere otto deputati nel parlamento di Berna. La sua spinta si esaurì poi gradualmente nel decennio successivo.
Anche in Austria si è sviluppata una lotta politica tra i partiti progressisti, favorevoli al divieto dei motori a diesel, e la destra attualmente al governo, che ha preso le difese degli abitanti dei piccoli centri e delle zone rurali. Questi dipendono dal trasporto privato a prezzi vantaggiosi offerto delle auto diesel.
La protesta francese contro l’aumento del carburante si è sviluppata spontaneamente utilizzando i social network e riunisce persone di diversa estrazione sociale e politica. Non una rivoluzione, ma comunque una rivolta di classe contro la politica elitaria della presidenza Macron. Con blocchi stradali in tutta la Francia 280 mila novelli sans-coulotte in gilet giallo hanno protestato contro l’aumento del costo dei carburanti introdotto dal governo Macron quale strumento per ridurre le emissioni di gas serra CO2 e contrastare il cambiamento climatico.
Il ministro per la transizione ecologica François de Rugy afferma di aver “visto soprattutto l’espressione della profonda preoccupazione degli abitanti di una Francia extra-urbana prigioniera dell’auto. (…) Questa Francia sente di essere invisibile nel dibattito politico”.
Nel frattempo, l’efficiente, economico ma inquinante motore a diesel sembra avere già imboccato la via del tramonto, almeno in Europa. Sarà bandito dal 2025 in Olanda e Norvegia, dal 2030 in Germania, dal 2040 in Francia e nel Regno Unito. In alcune città come Copenaghen, Atene, Madrid e Parigi, il divieto entrerà in vigore anche prima. E in Italia? Al momento non ci sono decisioni ufficiali, ma è in discussione la data del 2040.
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::autore_::di Massimo Predieri::/autore_:: ::cck::2901::/cck::