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Per sabato 15 dicembre è prevista in Francia una nuova manifestazione dei Gilet Jaunes: è un braccio di ferro quello a cui stiamo assistendo e i risultati sono imprevedibili.
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“Lavoro 45 ore a settimana e sono già in rosso. Io non mi muovo da qui. Lanciate pure i vostri gas. Bruciano gli occhi? Bruciano tutti i giorni, questo non è niente”.
In ginocchio, mani dietro la testa. Lacrimogeni vengono lanciati, lo ghermiscono. Altri gilet jaunes raccolgono quei lacrimogeni rispedendoli ai mittenti, quei poliziotti in assetto antisommossa che si oppongono alla marea gialla. Una scena che dimostra volontà ferrea, lampante dimostrazione di quanto questo movimento sia motivato ad ottenere dei risultati concreti. E non i contentini di Macron dei giorni scorsi.
Moltissime polemiche avvolgono il movimento dei Gilet Jaunes, accuse di essere animati da spiriti di estrema destra, o di estrema sinistra. Sicuramente, la sua forza ha spinto gruppi di facinorosi ad approfittare della marea montante per rompere e distruggere. Le infiltrazioni di cosiddetti casseurs tra le file dei manifestanti, con il solo scopo di creare scompiglio e distruzione, è nota a tutti. Anche ai gilet jaunes. Eppure, ciò non ha fermato le rivendicazioni, non ha impedito alla rabbia dei Gilets di montare, galvanizzata dal crescente appoggio accordato dall’opinione pubblica.
Sembra un movimento alquanto diverso da quelli “educati” a cui siamo abituati ad assistere nel resto d’Europa, Italia inclusa. Nulla può fermare questa marea, non i facinorosi infiltrati, né tantomeno gli arresti preventivi a cascata. Una qualunque di queste due cose sarebbe bastata, altrove, per mettere il freno alle tensioni, per imbrigliare il movimento fino a soffocarlo. Ma in questo caso ciò non sta avvenendo.
La Francia ha una lunga tradizione in materia di rivolta sociale. Viene subito alla mente la Rivoluzione Francese del 1789, che abbatté il regime di Stato Assoluto e impiantò una democrazia che, nel corso degli anni e degli eventi divenne una sorta di Tirannia, alla quale alcune regioni rurali, a partire dalla Vandea, si opposero nel 1793 rivoltandosi contro lo Stato Rivoluzionario, per ristabilire l’ordine precedente.
Senza dover andare troppo lontano nel passato, pensiamo alle rivolte contro la riforma del lavoro del 2016, che hanno visto manifestazioni, scioperi e blocchi delle attività con conseguenti disagi su vasta scala. Stessa cosa nel 1997, quando lo sciopero dei camionisti ha bloccato i centri nevralgici dell’economia, impedendo il rifornimento dei gradi centri urbani di generi alimentari e di carburante.
Potrebbe sembrare che la rivoluzione francese abbia sdoganato quello che Rousseau, padre della democrazia, dichiarava con vigore: se un governante non è degno di rappresentare il popolo e diviene ingordo, il popolo ha il diritto di rovesciarlo. Dopo l’esperienza della Rivoluziona, nessuna impresa può sembrare impossibile, la rivolta contro il potere non solo diviene giusta ma addirittura una sorta di dovere del cittadino.
É forse questo retro-pensiero a dare la forza e il coraggio ai Gilet Jaunes di proseguire con la propria rivendicazione al di sopra di ogni giudizio e opposizione? Lavoro, dignità, giustizia sociale. Sono queste tre semplici cose ad essere alla base di tutte le rivolte di queste settimane in Francia. Semplici, eppure difficili da ottenere, quando si percepiscono le classi politiche che sono chiamate a governare così lontane dalla realtà delle cose.
Per sabato 15 dicembre è prevista una nuova manifestazione. È un braccio di ferro quello a cui stiamo assistendo e i risultati sono imprevedibili.
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::autore_::di Luana Ruscitti, corrispondente da Parigi::/autore_:: ::cck::2950::/cck::