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La schiavitù da internet è un fenomeno che può colpire a qualsiasi età e incidere sulla salute psichica e fisica anche su intere famiglie come è successo la scorsa settimane a Bari.
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Da anni si parla dei rischi che può comportare un uso eccessivo di internet e del pericolo che corre l’utente di incorrere in vere forme di alienazione, specialmente per coloro che vivono l’utilizzo di questo strumento come una specie di vita parallela lontana dalla realtà quotidiana.
Un problema che riguarda, almeno si pensava fino a qualche tempo fa, solo i giovani, la cosiddetta generazione del web, invece è una ‘droga’ che può colpire a qualsiasi età e incidere sulla salute psichica e fisica anche su intere famiglie come è successo la scorsa settimane a Bari.
Una bambina di nove anni che chiameremo Maria, nome di fantasia, era stata notata da tempo a scuola per essere sempre più trascurata sia nel vestire e sia nell’igiene con chiari sintomi di malnutrizione.
I genitori – se ancora si possono definire tali – nonostante le numerose richieste di incontro con il personale scolastico non erano mai andati per spiegare il contesto in cui viveva la piccola Maria, non lasciando così altra soluzione al personale didattico che di rivolgersi agli assistenti sociali per chiarire la situazione ed incontrare, almeno loro, la famiglia. E così è stato, ma ciò che hanno trovato questi ultimi, una volta entrati nella casa, è stato talmente allucinante che superava ogni loro più assurda fantasia.
La bambina viveva con i genitori, lui di 40 anni e lei di 43 e con un fratello adolescente di 15 anni, praticamente tutti segregati dal mondo da quasi due anni, come apprendiamo dalla Gazzetta del Mezzogiorno, schiavizzati, è il caso di dire, da internet. Una dipendenza per la quale ognuno stava sul computer ore e ore a navigare su tutto ciò che questo strumento poteva fornire, riducendosi lentamente a vivere in una situazione di degrado indescrivibile.
La loro unica salvezza è stata la piccola Maria, l’unica che usciva di casa per andare a scuola e per comprare qualcosa da mangiare come merendine, patatine fritte o cibo preconfezionato, insomma, una alimentazione non proprio sana, per usare un eufemismo. Ma ormai la famiglia viveva in una specie di limbo di trascuratezza tale da non accorgersi neanche che il figlio aveva delle piaghe ormai infette ai piedi perché portava ancora le scarpe di due anni prima con una misura più piccola dell’attuale crescita, inoltre, aveva lasciato la scuola e ogni contatto sociale da quando in famiglia era scoppiata questa epidemia, rimanendo in uno stato fisico e mentale assai delicato.
Viveva, come gli altri componenti, la sua vita parallela sui social tanto da entrare in uno dei tanti siti pericolosi come Blue Whale, una chat, come è stato anche denunciato da vari servizi giornalistici, che spingerebbe al suicidio proprio gli adolescenti. Adesso, oltre a una forte terapia antibiotica, è stato fondamentale per questo ragazzo essere avviato ad una lunga fase di fisioterapia per rimettere in moto un corpo trasformato in uno scheletro e anchilosato dall’inattività. A mandare avanti la ridotta economia famigliare, non lavorando nessuno in casa, era solo la piccola pensione di invalidità del padre e tutto nel più totale isolamento da amici e parenti.
“Lo diciamo da anni, il web ha migliorato le nostre vite, ma nasconde anche dei rischi altissimi. E la drammatica storia che arriva dal Salento rende attuali i nostri avvertimenti“. E’ quanto afferma il presidente dell’Ordine degli Psicologi della Puglia, Antonio Di Gioia, in riferimento alla notizia di questa famiglia.
Gli assistenti sociali e i medici che hanno in cura la famigliola, hanno avviato per loro, oltre cure sanitarie, anche una vera e propria terapia di disintossicazione, un po’ come per la droga, prima dal computer e poi un lento reinserimento nella vita quotidiana lontano da internet. Non sarà un percorso facile, i problemi psicologici che si sono nel frattempo innestati non saranno semplici da curare; due anni di full immersion su internet hanno creato dei danni importanti al sistema nero vegetativo.
Davanti ad una situazione limite come questa e, purtroppo, ce ne saranno tante altre, le istituzioni diventano l’unico baluardo per salvare le persone da situazioni difficili come ha fatto la scuola davanti a questo caso limite avendo avuto la coscienza civica di non voltare le spalle davanti all’evidenza di un dramma.
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::autore_::di Antonello Cannarozzo::/autore_:: ::cck::2989::/cck::