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La Via della Seta

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Il progetto di sviluppo portuale, denominato BRUCO, elaborato dal SITI consentirebbe al porto di Genova, e di conseguenza all’Italia, di competere con i grandi porti europei che oggi assorbono la stragrande maggioranza del traffico merci.

Nel mentre si piange ancora sulle rovine del ponte Morandi lunedì scorso si è tenuto a Genova un convegno tecnico per discutere dello scarso sfruttamento delle potenzialità delle regioni del nord Italia nei loro rapporti con il resto d’Europa malgrado le possibilità offerte dai loro porti, attualmente sottoutilizzati. Sono state esaminate soluzioni tecnicamente avanzate in grado di superare la separazione montuosa che da sempre ostacola gli scambi commerciali, senza incorrere in sollevamenti di piazza né referendum. Vi hanno partecipato il Comune di Genova, l’Assessorato allo Sviluppo Economico, l’Università di Genova – Scuola Politecnica, l’Ordine degli Ingegneri, la Camera di Commercio italiana per la Svizzera e numerosi imprenditori dei diversi settori interessati.

Il tema principale ha riguardato la permanente attualità del progetto di sviluppo portuale, denominato BRUCO, elaborato dal SITI (Politecnico di Torino e Compagnia di S. Paolo), che consentirebbe al porto di Genova, e di conseguenza alle regioni del nord, se non addirittura all’Italia, di competere con i grandi porti europei che oggi assorbono la stragrande maggioranza del traffico merci.

Il suo presupposto è che l’elemento di rottura dell’evoluzione in corso nel trasporto marittimo, rappresentato dalle mega navi da 20.000 teu, non è tanto l’aumento della dimensione della nave (+30%) quanto quella del traffico (+500%).

La grande dimensione navale è infatti economicamente conveniente solo se aumenta in proporzione la velocità di carico e scarico portuale. Ne consegue che sarebbe necessario passare dagli attuali 2.000 teu giorno a 8.000 teu, concentrando anche il traffico in pochi grandi porti con un flusso di 14.000 teu tra scarico e carico. Un singolo accosto che serve una singola linea con 3 partenze settimanali muoverebbe di conseguenza 2 milioni di teu anno; ovvero pari a quasi l’intero traffico di Genova e più di quello complessivo dei 4 principali porti dell’alto Adriatico.

Un porto per mega navi deve muovere, come in Nord Europa, almeno 8 milioni di teu e disporre di almeno 500 ettari di spazio portuale, 3.000 ettari di spazio logistico limitrofo e un’adeguata capacità di deflusso; condizioni queste impossibili in qualsiasi porto italiano con spazi limitati (Genova dispone di meno di 200 ettari) ricavati strappandoli al mare. Viceversa i porti ns. concorrenti del Nord Europa, sono realizzati in pianura con spazi enormi e singolarmente superiori ai 10.000 ettari.

La soluzione del BRUCO è parsa ai convegnisti come l’unica possibile in grado di collegare funzionalmente gli alti fondali del Tirreno con gli spazi illimitati della pianura Padana. L’idea non è nuova, risale anzi agli anni ’70 (con progetti tipo Rivalta Scrivia), ma la novità sta nell’utilizzo di nuove tecnologie, mutuate dall’esperienza del Nord Europa, che garantiscono l’altissima potenzialità necessaria e la continuità del flusso per evitare una rottura di carico.

Di queste soluzioni tecnologiche e delle loro possibilità hanno discusso i maggiori esperti dei vari settori per valutarne la validità. È convinzione dei proponenti che questa sia l’unica soluzione capace di competere alla pari (forse anche con un marginale vantaggio) con i porti del Nord Europa e di ricuperare i mercati potenziali persi quali Svizzera, Austria, Germania del sud nonché parte del Nord Italia.

Il BRUCO rappresenta una scelta sostenibile, che può portare alla costruzione del porto container più verde d’Europa e si integra e valorizza i progetti esistenti tra cui il Terzo valico, aprendo la porta mediterranea della Via della Seta e lo spazio di sviluppo della logistica italiana finalmente non più periferia di quella del Nord Europa.

di Stefano Mortari

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