C’è da domandarsi quale sia l’obiettivo di quella che si presenta come un’occasione eccezionale di riconsiderare non solo le relazioni tra Cina e Italia ma anche e soprattutto l’insieme dei rapporti e degli equilibri globali con tutti i Paesi toccati da questa storica impresa.
Se si limita l’approccio soltanto agli aspetti puramente economici si sceglie una soluzione aridamente conservatrice che non cambia alcun rapporto di forza economica per favorire esclusivamente le aziende e gli interessi dei Gruppi coinvolti nella creazione delle strutture. Quindi un processo di profitto riservato a poche aziende selezionate per realizzare lavori e interventi tecnologici.
Sembrano essere sfuggite alla più parte degli interventi a favore o contro l’iniziativa, le implicazioni che potrebbero essere prodotte da questo innovativo approfondimento di percorsi commerciali, abbinati a quelli di infrastrutture portuali, ferroviarie, autostradali e dei relativi investimenti lungo tutto il percorso della via della seta.
Non tenuti in alcun conto sembrano il ruolo e la partecipazione dei Paesi coinvolti negli assi terrestre e marittimo che non possono essere considerati come semplici scali di un percorso ma che necessitano di una nuova considerazione nel disegno delle rispettive funzioni.
Ma al di la degli interessi che questa interpretazione restrittiva che la moderna via della seta privilegerebbe, non vi è stata alcuna considerazione dei consistenti effetti “collaterali” che l’apertura di questo poderoso canale comporterebbe.
Finora lo scetticismo nei confronti della proposta e del relativo MOU si è attestato su prevenzioni relative ai pericoli della sicurezza largamente inspirati da dubbi USA su presunti tentativi egemonici cinesi di sottoporre tutti gli interlocutori a un sistema informatico/telematico operato tramite il famoso G5. Ma esistono tecnologie capaci di limitare ogni carattere intrusivo di controlli etero diretti che permettono di non dover ricorrere ad una damnatio aprioristica. Come tutti i problemi coinvolti in un negoziato, anche l’aspetto sicurezza è suscettibile di negoziato e di condizionamento. Esorcizzarlo vorrebbe dire basare sin dall’inizio il rapporto fondamentale sul sospetto e sulla mancanza di quella fiducia reciproca che, al contrario deve essere vigente tra le parti se si vuole un successo epocale.
Naturalmente anche il MOU è strumento perfettibile specie laddove è indispensabile prevedere il coinvolgimento e irradiamento di tutto il Paese con l’ampliamento dei ruoli di porti minori, sistemi di trasporto ferroviario e su gomma nonché di integrazione del trasporto aereo nazionale e internazionale e non di un approccio basato esclusivamente su due porti e sulle rispettive capacità di movimentazione merci.
Al contrario nessun accenno e nessuna considerazione sembrano finora essere stati riservati a problemi fondamentali che atterrebbero ad un comune sentire di partner di buona fede.
Tali problemi riguardano i seguenti settori:
1) Diritti umani; 2) Diritti sindacali; 3) Cooperazione con i Paesi africani a asiatici coinvolti; 4) problemi climatici.
In effetti siamo dinanzi ad un’occasione unica per avanzare nel tentativo di omologazione e di avvicinamento delle problematiche predette che debbono essere almeno menzionate come fattori strategici di accordi successivi. Nel passato alcuni di questi punti furono fortemente riaffermati ma senza che risultati consistenti fossero raggiunti. Si trattava infatti di tentativi di imposizioni di canoni prevalentemente occidentali che trovavano una resistenza nell’estraneità della struttura societaria e delle esigenze basiche del continente cinese.
Il regime politico vigente in Cina rendeva tale confronto come improponibile e basato su reciproche mancanze di fiducia. E comunque la parola d’ordine più diffusa in Cina era prima combattere la lotta contro la fame ed il benessere materiale delle popolazioni e dopo pensare ai loro diritti civili e politici.
Si è a più riprese sostenuto che la materia dei diritti umani per sua natura non è scindibile e deve essere affrontata in tutti i suoi aspetti insieme, soprattutto quelli coperti dal patrimonio delle principali Convenzioni Internazionali firmate da tutti i principali Paesi membri, ma questa esigenza di metodo non ha ottenuto un risultato congruo lasciando sovente ad ogni singolo Paese la possibilità di opzione “à la carte” quanto alla ratifica degli strumenti. Ma qui, oggi, si tratta di adottare norme regolamentari di un grande disegno comune che deve richiedere comuni approcci delle problematiche da affrontare.
D’altronde basta pensare al percorso effettuato dalla stessa Cina per entrare nel 2011 nel World Trade Organization ove quel grande Paese ha dovuto adeguarsi ai regolamenti di quell’Organizzazione traendone un profitto eccezionale. Un Paese che è la seconda economia mondiale ed il primo paese esportatore del mondo ha compreso che l’adesione convinta al sistema degli Organismi Internazionali presenta più vantaggi che perdite e ha dimostrato un alto senso opportunistico nel superare dubbi e riserve.
Ciò che l’esempio del WTO ha provato, può ripersi quando la Cina giunga alla convinzione che la Via della Seta possa diventare un ulteriore passo in direzione della modernizzazione del Paese e nel reperimento di nuove formule di collaborazione con l’occidente a cominciare dal nostro Paese
Ma attualmente l’iniziativa cinese assume l’aspetto di una proposta globale in cui ciascuno dei partner deve essere pronto a tenere in considerazione proposte ed esigenze della controparte. Non è certo pensabile che con questa sola iniziativa si possa ambire ad introdurre un cambio radicale dei principi e delle scelte vigenti in Cina in settori fondamentali in quella società. Né che l’Italia da sola riesca dove le N.U. e l’U.E non sono ancora arrivate a registrare successi consistenti. Tuttavia collegandosi con iniziative in corso a livello delle N.U. e della stessa U.E. sarebbe possibile introdurre specifici richiami alla opportunità che la Cina prosegua nella procedura di ratifica ad esempio dell’ICCPR (Patto Internazionale sui diritti civile e politici) già sottoscritto ma non ancora ratificato da Pechino o di riduzione del fenomeno delle “sparizioni” o della adozione già parzialmente acquisita dell’uso della tortura.
Sempre per quanto riguarda i diritti civili è la rilevare che la stessa Federazione Cinese dei Sindacati (ACFTU) non manca di denunciare la relativa indifferenza del governo cinese ai problemi della salute sul lavoro e delle malattie professionali. D’altro canto non si può fare a meno di constatare che la forza del sindacato in Cina abbia fatto notevoli passi nella tutela del lavoratore.
Orbene quando si tratta di affari puramente interni al colosso cinese è difficile trovare metodi che non appaiano come intrusioni o indebite ingerenze. Ma nel quadro di un sistema di potenziali lanci di joint-ventures e di scambi di installazioni di imprese tecnologicamente avanzate tali trattative assumono un carattere ben più pregnante e la ricerca di basi comuni di gestione del lavoro in Cina o nei Paesi partner un chiaro contenuto contrattuale che rende ineludibile il rispetto minimo delle regole vigenti ad esempio nell’Unione Europea.
All’Italia viene offerta l’opportunità di costituire in molti settori il banco di prova di un più approfondito confronto con la Cina basato sul nostro impegno di non deflettere dal rispetto del patrimonio di civiltà e di progresso europeo e sulla ricerca di trovare le vie ed i mezzi atti a condividerli nelle iniziative che saranno avviate nello stabilimento dell’antica, nuova via di compenetrazione di civiltà.
Analogo trattamento dovrebbe essere auspicato per temi che concernono il problema dell’emigrazione spontanea o dell’esodo di rifugiati dalle regioni limitrofe. Infatti un approccio di un’iniziativa destinata a superare frontiere e a creare intese e collaborazioni tra Paesi e popoli differenti non può essere inficiata da preconcetti “sovranisti” e xenofobi. Insomma questa sarebbe un’occasione storica per avviare su un terreno di concretezza delle nuove regole di convivenza.
La novità si questa occasione è che fornirebbe un terreno di intesa a tutto campo che coinvolgerebbe i settori predetti come regole operative da condividere.
E che pensare dei problemi del clima, dell’inquinamento atmosferico, del riscaldamento del pianeta, dell’innalzamento del livello del mare che stanno già creando drammatiche situazioni in Cina come in Europa e nel resto del mondo? Essi non sono oggetto di questa trattativa ma costituiscono una tela di fondo di un fenomeno mondiale. In questo campo, un’intesa solida e senza eccezioni dovrebbe essere introdotta come norma operativa nelle iniziative che si svilupperanno via via nella realizzazione di questo mega condotto economico, scientifico e tecnologico.
Un corollario non secondario di questa auspicabile nuova collaborazione dovrà necessariamente riguardare anche i piani di cooperazione allo sviluppo nei Paesi attraversati dal flusso di nuove iniziative, in particolare dell’Africa ove maggiormente sarà auspicabile un coordinamento tra le metodologie di cooperazione che attualmente sono notevolmente divergenti e difformi. Se di impresa globale si parla si dovrà adottare anche nei confronti dei paesi in via di sviluppo una comune strategia per evidenziare complementarietà ma soprattutto per evitare dannose concorrenze. Non si può perdere questa occasione senza sfruttarla perché anche i Paesi attraversati dalla nuova via ne beneficino e ottengano sinergie da un grande sforzo di modernizzazione degli interventi.
Queste riflessioni intendono soltanto attirare l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale sulle problematiche ineludibili che il grande progetto della Via della Seta comporta. Sarebbe auspicabile che per ciascuno dei settori indicati si svolgesse un dibattito che questo strumento di stampa potrebbe accogliere e diffondere sia a livello nazionale che Europeo. Il rischio più grande che potrebbe presentarsi sarebbe quello di immiserire il dibattito in contrapposizioni di parte, di presunto allineamento a posizioni pseudo atlantiste e di poco fondata prevenzione contro presunte minacce di dominio straniero.