Storia

Quante fake news su san Francesco d’Assisi

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False idee ne hanno deformato il messaggio

Il Sinodo sull’Amazzonia si è concluso con i suoi strascichi di polemiche: dal celibato dei sacerdoti al ruolo delle donne nella Chiesa, dall’inculturazione ad una nuova teologia sull’ambiente per una evangelizzazione missionaria finalmente ecologista.
Prima, però, di dare giudizi sui lavori sinodali e sulle sue conclusioni,
aspettiamo di leggere il testo ufficiale del Papa per verificare se la Chiesa è ancora tale oppure ha preso un’altra direzione. Staremo a vedere.
Intanto, simbolo in questo scenario di visioni ambientaliste e pacifiste della neo-chiesa non poteva mancare il “poverello d’Assisi”, San Francesco.
Questo grande santo, nonché patrono d’Italia, è stato propagandato, in questi ultimi anni, come l’antesignano dell’ecumenismo, del pacifismo, dell’ambientalismo e della povertà che ne aveva fatto, diremo oggi, un vero brand.
Peccato, però, che leggendo le cronache coeve alla sua vita apprendiamo di un uomo completamente diverso da come ce lo hanno presentato.
Francesco era certamente una figura esile, ma forte ed intransigente nella fede senza alcuna mediazione o, peggio, compromesso, facendo del detto evangelico (MT 5, 17-37) “Il vostro parlare sia sì, sì no, no, il resto viene dal Maligno” il suo vessillo di professione religiosa.
Come è nato, allora, questo equivoco che oggi potremo tranquillamente definire una vera e propria facknews ante litteram?
La sua immagine cominciò ad essere alterata circa cento anni fa da un pastore calvinista francese e storico di professione, Paul Sabatier, che inaugurò nel 1902 proprio ad Assisi la Società Internazionale di Studi Francescani e vent’anni dopo a Strasburgo divenne professore di teologia, ovviamente protestante.
Sabatier costruì, è il caso di dire, una visione del ‘Grande Assisiano’ del tutto avulsa dagli scritti e dalle cronache del tempo, commentando ed interpretando a modo suo la vita e le opere del Santo, assai lontana dalla verità storica.
Già San Francesco ai suoi tempi, aborriva ogni forma gratuita di interpretazione delle proprie idee sapendo come queste possono essere stravolte nei suoi significati e soffrì molto per allontanare le numerose esegesi che già circolavano sulle sue opere tanto che, ancora in vita, la Regola del suo Ordine veniva posta in discussione con gravi pericoli di distorsione del suo pensiero.
Fu così costretto ad imporre nel suo «Testamento» ai frati di non introdurre commenti alla Regola affermando in maniera perentoria: “Così devono essere intese”.
Purtroppo, la speranza di Francesco non si realizzò come avrebbe voluto.
Tra le varie rivisitazioni fantasiose che subì la figura del Santo tre sono
particolarmente conosciute dal grande pubblico: la prima come promotore, già ottocento anni fa, dell’ecumenismo, seconda della povertà assoluta ed infine del suo essere pacifista, animalista ed ambientalista anticipando di fatto Greta Thunberg.
Nessuna di queste figure a lui riferite è vera, ma spesso proprio l’esatto
contrario.
Così, per suffragare il suo presunto ecumenismo che sfocerebbe poi in una specie di sincretismo o, peggio, di relativismo religioso, si cita sempre l’incontro che ebbe con il sultano egiziano al-Malik al-Kāmil, presso la città di Damietta, dove il Santo, secondo la moderna accezione, aveva avviato un dialogo, oggi aggiungeremo costruttivo, sulle due religioni, la cattolica e la mussulmana.
In realtà, come apprendiamo dai suoi biografi del tempo, Francesco andò in Nord Africa non per dialogare, ma per convertire, chiarendo davanti al sultano come Gesù è il Salvatore di tutti e, dunque, non può essere associato con altre divinità, come purtroppo viene fatto di questi tempi, inoltre, da tutte le fonti dell’epoca, apprendiamo la sua volontà al martirio per la conversione e non certo per un ecumenismo con gli islamici.
Questo incontro con il sultano sfata poi la leggenda di un santo pacifista tout court.
L’incontro avvenne per cause accidentali dopo un tragico naufragio sulle coste egiziane mentre si recava, come amava definirsi da ‘Soldato di Cristo’ e ‘Araldo del Gran Re’ alla Quinta Crociata per incoraggiare i soldati alla conquista della Terra Santa, altra che pacifismo.
Per quanto poi riguarda ancora l’ecumenismo ricordiamo che i primi martiri del Ordine furono trucidati in Marocco proprio perché, seguendo le orme del loro Fondatore, volevano convertire quelle popolazioni a Cristo.
Ancora sul suo pacifismo e bontà, sappiamo che era un uomo assai dolce con chi lo incontrava ed era sempre pronto a perdonare tutti coloro che a lui si avvicinavano, ma non il peccato sul quale era intransigente.
Se una causa era giusta bisognava combatterla e difenderla ad ogni costo
anche con l’utilizzo, in casi estremi, del suo “pugile di Firenze”.
Ma chi era questo pugile? Leggendo il suo biografo più noto, Tommaso da
Celano, un giorno Francesco udì un frate commettere nei confronti di un confratello il peccato di mormorazione e, non essendo a quanto pare la prima volta, volle dare a questo frate linguacciuto un castigo esemplare anche per salvaguardare l’Ordine appena nato.
L’uomo venne consegnato ad un frate fiorentino grande e grosso di nome
Giovanni, considerato uomo di sante virtù, ma che all’occorrenza non esitava ad usare le mani contro i frati riottosi su ordine del santo, ecco il soprannome di pugile, tanto che il Salimbene, altro biografo francescano, lo definì nella sua ‘Cronica’ addirittura come ‘spietato carnefice’.
Non possiamo certo concludere questo brevissimo excursus, sul suo amore per “Sorella Povertà”!
In realtà Francesco evangelicamente anteponeva alla povertà la crescita
spirituale, la povertà per lui era una strada per distaccarsi prima moralmente e poi fisicamente dai beni di questo mondo che diventavano zavorra per salire in Cielo, ma non era certo l’unica.
A chi era povero non suggerì mai la rivolta, come invece fecero suoi confratelli secoli dopo inneggiando alla Teologia della Liberazione, ma invitò alla pazienza e prendere tutto dalle mani del Signore con serena rassegnazione.
Sempre in merito alla povertà, a differenza di questa nuova chiesa sempre più sciatta e miserabile nelle sue nuove architetture, nella liturgia e negli ornamenti, leggiamo cosa scrive di suo pugno nella lettera ai Custodi dell’Ordine:” Vi prego […] i calici, i corporali, gli ornamenti dell’altare e tutto ciò che serve al sacrificio, devono essere preziosi. E se in qualche luogo trovassero il santissimo corpo del Signore collocato in modo miserevole, venga da essi posto e custodito in un luogo prezioso, secondo le disposizioni della Chiesa, e sia portato con grande venerazione e
amministrato agli altri con discrezione”.
Quanta differenza da quei sacerdoti che usano addirittura bicchieri di carta per la Santa Eucarestia e tutto per un equivoco sulla vera povertà, quella del proprio spirito e non quella rivolta a magnificare Dio.
Un breve accenno poi al suo animalismo. E’ vero che amasse il Creato e le sue creature come gli animali, ma non esitava per Pasqua, quando ne aveva la possibilità, di mangiare l’agnello per la festa facendo “grandissima gioia con i suoi frati”.
Voglio concludere con alcune affermazioni che proprio papa Francesco nel suo viaggio ad Assisi fece ai presenti: “La pace francescana non è un sentimento sdolcinato. Per favore: questo san Francesco non esiste! E neppure è una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo… Anche questo non è francescano!
Anche questo non è francescano, ma è un’idea che alcuni hanno costruito! La pace di san Francesco è quella di Cristo, e la trova chi “prende su di sé” il suo “giogo”.

di Antonello Cannarozzo

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