La Parola della settimana
La sensazione più forte analizzando la situazione della politica nazionale è ogni giorno quella di una sorta di sospensione perenne declinata in ogni dove, una condizione dove non si decide nulla e dove, soprattutto, chi deve decidere si dedica a porre problemi più che soluzioni. Oppure, alternativamente, si lanciano proclami sul futuro in arrivo, sulle mirabolanti ed incredibili azioni che l’esecutivo si appresta a intraprendere per affrontare e sciogliere tutti i nodi che attanagliano il paese e rendono pressoché immobile il sistema, nonostante l’apparente agitazione ai limiti della psicosi alla quale si assiste senza sorta, giorno dopo giorno.
Una situazione che si collega pienamente al termine scelto questa settimana, ovvero impasse. Di origine francese (epàs) è collegato al verbo passer, ossia letteralmente passare. La spiegazione del dizionario ricorda che ad adottare questo vocabolo, intuendolo come sostituto di cul de sac, fu Voltaire nel 1761. Forse un tentativo di razionalizzare ed alleggerire il portato negativo dell’espressione precedente, peraltro assai calzante sia in francese che nell’intuibile significato in italiano.
Impasse indica un vicolo cieco, una strada senza uscita. Nel nostro quotidiano viene usato soprattutto in senso figurato come ad esempio nell’espressione trovarsi in una impasse, in una situazione difficile, dalla quale non si sa come uscire. Rammentiamo il caso di trattative, contrattazioni, tentativi d’accordo, specialmente in campo politico o sindacale, che risultano difficili e rimasti bloccati da qualche difficoltà e di cui non si preveda una facile o prossima soluzione.
Il termine ha anche un valore specifico nel gioco del bridge, dove indica una giocata fondata sul presupposto che una determinata carta, mancante al giocatore stesso e al suo compagno «morto», sia in possesso dell’avversario che ha già giocato piuttosto che di quello che deve ancora giocare.
Per capire l’ampio spettro dei significati della parola, ricordiamo i sinonimi come arresto, blocco, difficoltà, incaglio, intoppo, ostacolo, problema, sorpasso. Oppure il contrario come variazione, movimento, levitazione, oscillazione, fluttuazione, cambiamento!
Questo il quadro di riferimento. La situazione del nostro paese si attaglia
perfettamente ai vari significati analizzati e delinea un casus evidente tra la vivacità tuttora presente nella società e l’appiattimento malgrado le apparenze nel quale versa il sistema politico. Proprio questo è l’esempio principale. Il quadro politico potremmo dire è mutato radicalmente nei decenni e irriconoscibile rispetto a trenta anni fa quando la caduta del Muro provocò in sequenza il collasso della prima repubblica e la nascita di una nuova mai decollata e naufragata miseramente seconda repubblica.
Allora, si potrebbe dedurre che essendo cambiato tutto, dai protagonisti ai rapporti di forza, il sistema sia vivo, flessibile, capace di affrontare il nuovo.
Nulla di più lontano dal vero. L’irrompere del movimentismo di governo, quello dei cinquestelle aveva fatto pensare ad una sorta di vera rivoluzione sino ad allora non conosciuta nel paese. Una manciata di mesi e l’impatto con la realtà stanno mostrando sia la caducità, sia l’inconsistenza della creatura avviata da Grillo, del resto fondata su un solo presupposto: quello di sfasciare, rompere, far saltare il sistema precedente per instaurare la meravigliosa repubblica della piattaforma Rousseau dove nessuna procedura, nessuna ritualità, nessun metodo hanno a che fare con la tradizione politica nazionale e la sua evoluzione.
Non occorre essere avvezzi all’analisi per rendersi conto del vuoto pneumatico che circonda l’agire della pattuglia di governo che a volte sembra contrastare lo spirito stesso del movimento tanto più chiaramente quanto più diffusamente si continuano a richiamare i “capisaldi” del guru!
Quel che colpisce poi è anche l’impasse, l’incapacità di cambiare che affligge tutti coloro che in qualche modo vengono dalla vecchia seconda repubblica. Anche qui la mobilità apparente del centrodestra con il cambiamento totale di leadership non devono far dimenticare che le motivazioni della Lega come di Fratelli d’Italia affondano le radici saldamente nel passato, nell’Italia della piccola e media impresa e che l’eclissi del liberalismo di Forza Italia non è più in condizioni di riequilibrare la situazione.
Sul fronte della sinistra, poi, è ancor più evidente come il continuo richiamo al passato non faccia più presa proprio sulle classi sociali una volta fondamento di questa area. Continuare ad immaginare il senso di un Pd quale baluardo contro le destre, nella continua ripetizione del meccanismo del nemico da combattere epicamente, lascia senza parole. La fusione fredda all’origine del partito ha praticamente cancellato le ragioni stesse delle sue componenti originarie senza creare neppure uno spunto nella direzione auspicabile di una forza capace di coniugare saldi riferimenti a politiche efficaci di cambiamento. Con il risultato di un girare a tondo che non porta da alcuna parte.
Insomma, una gigantesca manifestazione del termine di partenza: l’impasse. A tutto danno del destino del paese e del futuro dei cittadini tutti, da nord a sud!
di Roberto Mostarda