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Se volano gli stracci

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Ad un anno dal suo insediamento, il governo gialloverde sta affrontando uno dei tanti momenti difficili, in cui la forza delle cose incombe, così come la necessità di assumere decisioni. E’ qui casca l’asino…

Ad un anno dal suo insediamento, che si compirà quasi in contemporanea con le elezioni europee, il governo gialloverde si trova ad affrontare, tra i tanti, il momento certamente più difficile. Il momento della verità potremmo dire, quello nel quale dopo infinite giravolte e funamboliche prestazioni, la forza delle cose incombe, così come la necessità di assumere decisioni. E’ qui casca l’asino potremmo dire e per una serie di ragioni concomitanti.

La prima riguarda l’emersione dal nulla del premier araba fenice che non avendo alle spalle una forza politica ma l’ombra pentastellata ha cercato in parte riuscendoci di interpretare un ruolo non solo notarile, ritagliandosi una caratura istituzionale e internazionale nel tentativo di rassicurare i nostri partner. Un ruolo difficile quanto cruciale, soprattutto perché avviene in fori internazionali mentre in patria voci dissennate ed extraparlamentari (vedi Di Battista) si ingegnano a creare confusione in ogni ambito nella consapevolezza che lo smalto grillino sta segnalando crepe crescenti e che nell’incapacità sempre più manifesta di governare il movimento deve recuperare l’anima movimentista, quella del vaffa e del distruggere per distruggere e così via! Un ruolo che diviene via via sempre più complesso e stretto per il suo interprete.

Veniamo poi al secondo corno della fiamma antica… il programma. Siamo a quasi dieci mesi dall’inizio dell’esecutivo, del programma del cambiamento sbandierato in ogni dove, ma nessuno conosce esattamente che cosa contenga e che cosa dica. E quel che è più singolare, per non dire drammatico, è che a non conoscerne elementi e contorni, sembrano proprio i due contraenti, i vice premier Di Maio e Salvini. Non passa giorno che su un questione o su un’altra qualcuno non rimbecchi l’altro per attenersi alle decisioni previste, appunto, nel programma. Questo non è nel programma, questo altro non è contemplato e così piroettando e negando. Sorge in dubbio che i due elementi al governo non abbiamo esaminato lo stesso testo programmatico e dunque interpretino qualcosa di differente.

Unica certezza, nessuno può dire con cognizione di causa di cosa stiamo parlando se si escludono le parole d’ordine: reddito di cittadinanza, il perno dell’esistenza stessa di Di Maio e flat tax nonché quota 100 per Salvini che probabilmente sa molto di più quali sono i suoi obiettivi politici.

Il caso emblematico dell’insensatezza è quello che riguarda le infrastrutture e in esse la Tav. Se non vi fossero in arrivo le elezioni, probabilmente se ne parlerebbe in modo pacato spiegandone lo scenario. Invece, complice il movimentismo grillino e la forte preoccupazione sui risultati elettorali se non si agisce in modo consono al movimento e dunque paradossalmente contro le responsabilità di governo, se ne discute, anzi se ne sproloquia in modo concitato e da commedia dell’arte. Così, mentre Di Battista lancia l’anatema dal suo ruolo extrapartes – prima o poi qualcuno dovrà domandare chi è e per conto di chi parla il suddetto e ancor più perché tutti si affannano a rispondergli- il vice premier grillino si accoda lanciandosi in ardite citazioni filmiche come la supercazzola per indicare l’inutilità dell’opera e , ancor più arriva quale raider senza rete né dignità, il ministro delle infrastrutture che con la formula costi benefici sta cercando dall’inizio di sabotare ogni ragionamento sensato e che ora, non sapendo più cosa dire afferma “candidamente” ma a chi interessa “andare a Lione”, con ciò pensando di affermare cosa intelligente e interpretando invece il ruolo del meno dotato dei fratelli De Rege!

In questo inimitabile contesto, vien da chiedersi che cosa ci faccia il vice premier e ministro dell’interno Salvini. L’esponente leghista si trova ora ad affrontare anche la fronda grillina che vorrebbe metterlo sotto accusa per il caso della nave Diciotti, con ciò mettendo le mani avanti per una probabile crisi di governo dalla quale Di Maio e compagnia pensano di lucrare a livello elettorale quello che in pochi mesi hanno eroso oltre ogni immaginazione.

Salvini, che da par suo sembra aver ingaggiato una guerra personale contro l’immigrazione clandestina con ciò raccogliendo consensi crescenti, è ben consapevole del rischio essendo, tra tutti gli italiani, quello che probabilmente conosce bene chi siano esattamente i suoi compagni di strada pentastellati. Da un lato infatti minimizza e lavora per disinnescare la mina accesa dai giudici, dall’altro si sta predisponendo per i diversi scenari. Di qui la prudenza sulla sorte del governo ogni giorno messa a rischio dagli scenari descritti, la ragionevolezza di dire che comunque si troverà il modo per far reggere la coalizione, dall’altro la necessità di non spezzare definitivamente il filo che unisce ancora la Lega al centrodestra – nel quale sarebbe maggioritaria – in vista di nuovi equilibri locali, europei e in prospettiva nazionali che le elezioni di maggio potrebbero far emergere.

Quel che appare sempre più chiaro è che nulla unisce i due contraenti se non lo sforzo di rimanere al governo. Intorno intanto come spesso si usa dire “volano gli stracci”, solo che volano in faccia agli italiani che si ritrovano anche unico paese europeo a fare il pesce in barile a livello internazionale, non sapendo in quale ambito collocarsi e come mirabilmente mostra la vicenda venezuelana applicare il famoso e non originale mantra “né con Maduro né con Guaidò” , dimenticando i milioni di connazionali di origine che abitano in quel paese e lo sfascio sociale ed economico di un paese ricchissimo in potenza e con milioni di indigenti e privo di generi di prima necessità grazie alle mirabolanti ricette chaviste! Insomma, un quadro pasticciato e senza alcuna indicazione seria, mentre il vortice degli stracci impedisce di capire esattamente cosa sta accadendo e intanto candidamente Di Maio estrae dalla teca trasparente la tessera di cittadinanza, quasi fosse il “miracolo di Pomigliano d’Arco”!

Povera Italia!

di Roberto Mostarda

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