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Ne La versione di Fenoglio, Carofiglio rimette al centro del suo romanzo un personaggio già conosciuto, e lo ritroviamo alla vigilia della pensione, con tanta voglia di raccontare la sua vita e i casi risolti.
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Autore: Gianrico Carofiglio Titolo: La versione di Fenoglio Editore: Einaudi Uscita: 2019 Pagine: Pag. 169 Prezzo: euro 16,50 |
Bari. Qualche anno fa, una decina forse. Pietro ne ha compiuti 58 e, dopo un’artrosi quasi fulminea, deve sottoporsi a più di un mese di fisioterapia, dure lunghe sedute due o tre ore al giorno ascoltando in cuffia Bach o Mozart. Ormai gli mancano ancora solo due settimane, ma arriva compagnia nello stesso orario: un ragazzo si era rotto tutto in un brutto incidente d’auto (di cui non ricorda nulla), ha fatto a Bologna la difficile operazione di protesi d’anca e deve compiere una riabilitazione simile. Si chiama Giulio, bello ed emaciato, legge e osserva molto, risulta curioso e ama dialogare. Cambia il clima nella palestrina. Pietro Fenoglio è un maresciallo dei carabinieri a sedici mesi dalla pensione, figlio d’arte di origini piemontesi, aveva studiato Lettere a Torino, da decenni operativo in Puglia, efficiente e mite (ha dovuto vedere centosettantuno morti ammazzati), in passato estimatore di Berlinguer, frequentatore di pinacoteche, separato senza figli. Giulio Crollalanza è un laureando in Giurisprudenza, gli mancano due esami e la tesi, incerto sul futuro professionale (il magistrato?), legato alla nonna morta da pochi anni (siciliana alta e bionda, normanna, poetessa) e molto diversa dal padre avvocato, famiglia benestante, prende appunti su un quaderno con la copertina nera, pensa che sta imparando tanto dalle storie investigative che induce a raccontare, le ascolta con acume di spirito e partecipazione d’emozioni. La fisioterapista Bruna presiede ai loro esercizi fisici, li assegna e aggiorna, controlla che inizino correttamente e finiscano per tempo; è una (quasi) cinquantenne bionda separata, tonica e sorridente, solitaria e attraente, un figlio di 25 anni e una figlia di 23, entrambi lontani, alla fine degli studi. A Pietro piace davvero e Giulio è convinto che lui piaccia a lei, a prescindere dal lavoro, chissà?
Gianrico Carofiglio (Bari, 1961) entrò in magistratura con il concorso del 1986 rimanendovi fino al 2008 quando fu eletto senatore, non si ricandidò nel 2013 e decise di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura. Ha esordito come grande autore con la serie gialla noir dell’avvocato Guerrieri iniziata nel 2002. Da allora continua a farci leggere opere di eccelsa qualità narrativa, densi romanzi di vario genere e opere di educazione civile, senza ripetersi mai come stile e storia (tra breve tornerà anche Guerrieri), attento a virgole parole regole citazioni che ci sono (e a quelle che mancano). Fenoglio non è un nuovo personaggio, lo avevamo già incontrato (e amato per la misurata umanità) in romanzi e racconti di intreccio (genericamente) giallo, ambientati nella Bari di qualche decennio fa. Ora lo troviamo alla vigilia della pensione, la moglie Serena non è tornata dopo la pausa che si era presa avendo scoperto che non avevano figli per “colpa” del marito. L’unico modo per preservare le storie della vita vissuta e dei tanti casi risolti è raccontarle, soprattutto se si trova un interlocutore che vale la pena. Il romanzo è sempre in terza fissa sul protagonista, i concisi capitoli dell’incontro amorevole fra i due, agli attrezzi o in giardino, ricchi di dialoghi, drammaturgia; questa volta vi sono anche alcuni capitoli più lunghi narrati in prima, antiche vicende di crimini e criminali (più o meno) vissute dal maresciallo, la sua versione (da cui il titolo) con azioni avventurose e conversazioni investigative, mai fine a sé stesse, autobiografia. Nulla sappiamo di come trascorrono il resto delle giornate in quelle due settimane, non ci sono mai cellulari o social a distrarli. Abbondano temi epistemologici, come e quanto scientificamente si conosce: il meccanismo delle etichette, la sospensione dell’incredulità, l’ego spropositato, il discorso sull’attenzione, il telefono senza fili, e poi, di continuo, usi e funzioni di menzogne bugie errori dicerie psicoterapie e … arti marziali. Visto che tutti in qualche modo mentiamo, l’investigazione (come la narrazione) è l’arte di guardarsi lentamente intorno in senso materiale (e in senso metaforico), immaginare scenari diversi, chiarire i dubbi raccontando a ritroso, ridurre il rischio di falsità involontarie, correggere, tagliare. Così, accanto a opere espressamente commentate (Lussu, Dumas, Capote, Conan Doyle, Borges) vi sono frasi di cui non ci ricordiamo l’autore (or mi sovviene Block). Al bar un calice di bianco freddo tira l’altro, inevitabilmente.
v.c.
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