La parola

AZZARDO

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Non è mai successo, sino ad ora, di tornare sulla stessa parola, in queste riflessioni settimanali. Quanto sta accadendo nella politica italiana, dopo l’incredibile crisi di agosto che ha provocato la fine del governo gialloverde e la nascita di quello giallorosso, ci ha spinto a ripercorrere, per così dire la stessa strada a quasi un anno di distanza, con tutte le differenze ma anche le possibili assonanze.
Non vi sono dubbi che quanto avviene abbia tutte le caratteristiche di un nuovo azzardo, di una sfida contro l’incredibile e l’inaspettato. Ecco allora il vocabolo che ritorna e che mostra come la strada per una nuova stagione di equilibrio e di crescita democratica nel paese sia ancora molto lontana. Azzardo, dunque. Il termine deriva direttamente da un vocabolo francese, hasard, che a sua volta altro non è che lo stesso vocabolo proveniente dall’arabo volgare. az-zahr, ossia il «dado». Evidente, dunque, sin dall’inizio il valore di qualcosa che si fa sfidando qualcosa di altro, ai limiti della comprensione e dove tutto è legato alla casualità, all’imponderabile. Allo stesso tempo, però, non è così, quando invece di una casualità esso è risultato di una consapevole sfida alla logica, a quello che viene considerata la cosiddetta normalità.
In origine, il termine concettualizzato indicava il gioco con i dadi fra un soggetto detto banco, che in sostanza detiene il potere della verifica del risultato e vari giocatori. Si stabilisce la posta e, a quel punto, il detentore del banco getta i dadi per fissare i punti da tenersi dai giocatori e quelli che otterrà lo stesso banco; se durante lo svolgimento del gioco, i dadi scoprono un punto assegnato ai giocatori, questi perdono. 
Sin qui, l’aspetto ludico e per così dire consueto del valore della parola che delinea in particolare gli atti, meglio i giochi, come i dadi, la roulette, il baccarat, e via dicendo, nei quali ricorre il fine di lucro, e la vincita o la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria, l’abilità avendovi importanza trascurabile, secondo quanto riporta il dizionario.
Allo stesso tempo, però, azzardo indica il rischio, il cimento e in buona sostanza un atto temerario e pericoloso, la cui altra faccia è quell’elemento imponderabile che viene definito caso, o sorte.

Restando per un momento in questa metafora, è abbastanza evidente come il rapido evolvere della situazione politica nazionale abbia tutte le caratteristiche dell’azzardo, del rischio. Con una semplice differenza, che la politica o parte di essa, ancora una volta si arroga il diritto di fare per così dire il banco nei confronti dei giocatori, ovvero dei cittadini. Un banco però falsato dal piccolo particolare che chi detiene il bandolo conosce in buona parte dove intende dirigere, mentre i giocatori, cioè i cittadini, sono spettatori ai quali non viene permesso di giocare. Di qui il valore
negativo di quanto sta succedendo.
Avevamo sottolineato a suo tempo come il comportamento dei due ex vice premier desse la strana sensazione di un continuo alzare l’asticella in tutti i campi da quello economico, a quello sociale, ai rapporti con l’Europa e lo scacchiere internazionale. Il tutto intessuto della retorica comune sul cambiamento che avrebbe dovuto essere la cifra interpretativa dell’allora nuovo che avanzava.
Oggi, nella stagione della discontinuità indicata dal premier bifronte e tuttofare, assistiamo ad una diversa congerie di questioni tutte comunque avvolte dalla sottile evidente velatura dell’azzardo.
Azzardo quello di far digerire ad un paese da un anno e mezzo sottoposto ad una vera e propria contorsione, una nuova contorsione con la pretesa che questa però sia quella buona. Parola del venditore! Azzardo quello di ritenere che gli italiani possano tranquillamente accettare un mutamento così evidente e così poco lineare soltanto perché chi oggi costituisce la maggioranza accanto ai grillini double face, è il partito democratico, ormai ombra di se stesso, superstite di un’altra epoca e che tuttavia pretende gli venga riconosciuta una diversità ontologica, una superiorità a priori,
un’attendibilità a prescindere, come avrebbe affermato il grande Totò.
Un azzardo da parte di quest’ultimo pensare di poter guidare chi sino all’altro ieri vomitava parole d’odio e di critica feroce, immaginare che il “c’eravamo tanto odiati….” possa essere accettato di buon grado come naturale evoluzione e non per quello che è: un vergognoso balletto sulla pelle del Paese.
Azzardo sostenere, facendosi scudo con la presidenza della Repubblica, che essendo il nostro un sistema parlamentare se esiste una diversa maggioranza non è necessario andare a nuove elezioni. Una foglia di fico che potrebbe apparire sopportabile se chi si siede quale nuova maggioranza avesse qualcosa in comune realmente e non nell’iperuranio di un movimento antisistema ma che a quanto sembra ha saputo sistemarsi con grande maestria e determinazione e una forza politica che viene da una stagione nella quale l’identità e la fedeltà ai valori sembravano pietre miliari e confine contro le avventure.

Ancora, azzardo è certamente quello che guida il Pd in questa fase, ossia pensare di riuscire a normalizzare e avvicinare alla sinistra (quale non è chiaro neppure agli stessi autori del tentativo) quella parte del movimento pentastellato che si descrive come “inevitabilmente” di sinistra!
E, di azzardo in azzardo, come non registrare anche lo stato caotico che
contraddistingue il centro destra e la sua componente moderata, al punto che la manifesta preferenza elettorale nel paese potrebbe non riuscire a trovare lo strumento politico più adatto. Un ulteriore elemento dell’azzardo in atto da parte della maggioranza giallorossa!

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