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San Grillo ….. pensaci tu!

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La crisi 5stelle, un disastro annunciato. Lo stallo del Pd

Una volta, tanti, tanti anni fa, nell’Italia del dopoguerra, di fronte ai problemi giganteschi della ricostruzione non soltanto di una nazione ma di un popolo devastato dalle divisioni e dalla scelleratezza di un conflitto spaventoso ed insensato, ci si appellava allo “stellone”, ovvero alla stella che campeggia dentro la ruota nello stemma della Repubblica. Un modo laico e democratico di pensare al paese unito da qualcosa al di fuori dei partiti e delle ideologie. Una speranza che sappiamo non essere stata esaudita sino ad oggi.
Quel che stupisce oggi, però, nell’agone politico nazionale (anche se la parola agone appare sproporzionata alla confusione e alla pochezza del confronto tra partiti e movimenti), è il richiamo per così dire ai ….. santi. Come se una visione di religiosità generale potesse sostituire le incertezze, i dubbi e le criticità della nostra esistenza quali cittadini dinanzi ai problemi irrisolti della nostra democrazia incompiuta. C’è chi ostenta riferimenti religiosi per cercare il consenso di quella parte del paese più vicina alla chiesa (anch’essa peraltro in preda a forti contrasti) e chi in certo senso sembra immaginare virtù superiori di qualcuno. In sostanza si cerca una soluzione extra, ovvero dal di fuori del sistema così come esso si è ridotto ad essere.
La forma più plastica di questa che definire deriva è limitativo perché porta con sé il rischio di deresponsabilizzare i comportamenti e rendere più facile dare risposte semplici a problemi complessi, esternalizzando responsabilità e decisioni, è quella che ha visto nei giorni scorsi la discesa, il ritorno del guru pentastellato, il comico tragico Beppe Grillo.
Constatando che il movimento, se ancora esiste, è in rotta in tutto il paese e in preda a divisioni che sembrano insanabili tra le sue varie – e sconosciute ai più – anime interne, qualcuno, probabilmente il capo politico Di Maio, ha pensato bene di “invocare” poteri superiori: ovvero san …. Grillo. Abbiamo così assistito ad una mutazione genetica, il guru del vaffa, l’uomo che dalle sue tranquille residenze lanciava strali contro il sistema, ora viene chiamato dall’alto a risolvere il dilemma di che cosa sono i pentastellati, di cosa è o dovrebbe essere il movimento allo sbando.
Insomma da guru a nume tutelare. Con l’aggravante che oggi il “san” grillino deve intervenire per stabilizzare la funzione “governativa” dei suoi eredi all’interno di quel sistema che sino a ieri detestava, combatteva e contro il quale si scagliava senza peli sulla lingua. Una trasformazione che ha dell’incredibile, dell’inconcepibile se aggiunta al teatrino dell’incontro con un esponente cinese, di quella Cina comunista, orgogliosamente e caparbiamente il paese meno libero e democratico della Terra e che su questo status fonda la sua potenza economica ormai mondiale. Forse “san” Grillo ha pensato di immaginare una tarda evoluzione post maoista della sua creatura richiamandosi al paese che, comunque, pur nelle sue contraddizioni e nei cambiamenti epocali che ha subito non dimentica il grande timoniere!
Una sfida, una scommessa, anche pericolosa. E questo perché ha depotenziato invece che rafforzarla, la figura del capo politico, indicandone la intrinseca debolezza invece che la capacità di reggere il confronto dentro e fuori il governo (governo che peraltro Di Maio ha sostanzialmente subito). L’intervento dall’alto, dunque, la discesa “agli inferi” del san-guru se non hanno favorito, hanno certamente aggravato la crisi interna endemica del movimento che ha due strade: tornare alle origini e uscire dalle istituzioni o rimanere in esse ma perdendo l’anima originaria. Un disastro annunciato peraltro e ben presente a chi ha analizzato nel tempo l’evoluzione del movimento e il suo impatto con le istituzioni locali e poi nazionali. Lo scarso radicamento nel territorio e l’esposizione governativa hanno smascherato il vuoto pneumatico di mezzo. E in questo vuoto l’unico appiglio è stato richiamare il detto riferito al gigante di una pubblicità d’antan: “san Grillo …. pensaci tu!” Un po’ poco per un paese dalle ferite aperte e che non riesce a ritrovare la strada per una nova stagione democratica e fatta di stabilità e di sviluppo sociale ed economico.
L’altro elemento che emerge da questa situazione è lo stallo nel quale si trova il partito democratico, o meglio quello che ne rimane. La crisi grillina non sembra favorire l’ala del partito che immagina alleanze e/o travasi di voti verso il Pd dei grillini di “sinistra” e in rotta. Una debolezza evidente tanto più se si guarda alla mutazione del centrodestra e alla tenuta leghista insieme alla crescita della destra definita sociale, quella di Fratelli d’Italia. Per il Pd, come molti commentatori osservano, la sfida di governare con i cinquestelle rischia di trasformarsi in un ulteriore disastro unendo due debolezze che nessun tatticismo, vedi l’improvviso fenomeno delle sardine che accerchiano pur pacificamente, le manifestazioni leghiste, può trasformare in forza. E stupisce che un partito erede di due grandi tradizioni politiche del passato appaia da un lato senza bussola, ma soprattutto incapace di immaginare e dare consistenza ad una visione del futuro in grado di catalizzare l’attenzione dei cittadini. Lo stallo elettorale mostra questa debolezza così come lo sfilacciarsi di fenomeni di uscita, vedi Calenda, vedi Italia Viva di Renzi troppo spesso bollati con il classico riflesso condizionato di stampo comunista, come traditori o contro “rivoluzionari” se si trattasse di una rivoluzione! Il Pd nato da una fusione fredda si scompone e perde pezzi in una lotta fratricida al calor bianco dove nessuno riconosce più l’altro come interlocutore ma solo come nemico al punto che il vero avversario, quello che sta a destra, verrebbe da dire con frasario passatista ed inefficace ma visivamente comprensibile, rimane sullo sfondo di uno scontro interno e sempre più evidente all’esterno. Una strada suicida che si affianca all’implosione in atto del movimento grillino.
E, soprattutto, una pessima notizia per la democrazia sostanziale, mentre il centrodestra si colora sempre più di destra e al centro dello schieramento resta un buco nero tuttora senza forma. Immaginare soluzioni proporzionaliste in assenza di grandi attori politici o con quelli attualmente presenti oltreché che un azzardo appare quasi “criminale” e frutto di una confusione epocale che produce disorientamento nei cittadini senza favorire una ricomposizione prima sociale, poi politica.

di Roberto Mostarda

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